“Il Vangelo è una fonte perenne di vita nuova che supera le ideologie e le convinzioni personali come anche ogni tipo di rassegnazione. Sa andare oltre il pessimismo e il fatalismo degli uomini come oltre ogni facile ottimismo che, in modo erroneo, si affida ad una illusoria bontà naturale, confondendo la libertà con l’esternazione delle proprie fragilità o egoismi. E tutto ciò coinvolge ognuno di noi, a partire dal battesimo che ci immerge nel mistero pasquale, nella vita del Crocifisso risorto e ci rende capaci di continua e reale rigenerazione”. Lo ha detto ieri, citando l’enciclica Ecclesiam suam di Paolo VI, il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, nell’omelia della messa celebrata nella cattedrale marciana per la solennità di San Marco Evangelista, patrono di Venezia e delle genti venete. “Tutto ciò – ha proseguito – comporta per la Chiesa conseguenze che la rendono ‘altra’, anche in modo radicale, rispetto all’ambiente umano in cui vive nelle differenti epoche e nelle quali, però, è capace d’immettere – per la forza che le deriva dal Vangelo – un’energia, una novità, una prospettiva di rinascita e salvezza che il mondo non possiede”.
Moraglia ha quindi rievocato la testimonianza fino al “martirio prolungato e crudele” di San Marco. “E così, oggi, continuano a fare tanti cristiani nel nostro tempo”, ha detto ricordando i circa 200 milioni di cristiani perseguitati nel mondo. “La fede di questi nostri fratelli e sorelle che confessano la loro appartenenza a Gesù Cristo, fino al martirio – ha concluso – testimonia la forza e l’energia che la ‘buona notizia’ – di cui san Marco si è fatto primo annunciatore – possiede. E dovrebbe scuotere le nostre tiepidezze e pigrizie nel ‘dire’ anche noi oggi, con le parole e la vita, chi è Gesù Cristo”.