Rispetto a quanto rilevato ad aprile 2020, la quota di persone che esprimono molto o abbastanza timore di dire o fare qualcosa quando ci si trova in famiglia è passata dal 9,1% al 14,9% mentre è scesa dal 74,0% a 62,8% la quota di quanti dichiarano di non avere alcun timore. È quanto emerge dal report “Comportamenti e opinioni dei cittadini durante la seconda ondata pandemica” relativo al periodo 12 dicembre 2020-15 gennaio 2021, diffuso oggi dall’Istat.
Stando ai dati diffusi, la quota di chi esprime timore è più elevata tra gli anziani (21,9% tra quanti hanno 75 anni o più: 25,5% se donne) e tra i giovani di 25-34 anni (18,6%). Anche a livello territoriale emergono differenze, con valori più elevati al Nord (22,2% contro il 10,8% del Mezzogiorno e il 6,3% del Centro). “Questo indicatore, pur non interpretabile univocamente come spia di una conflittualità familiare, contribuisce a identificare contesti familiari a rischio”, viene spiegato: “Per esempio, chi esprime timori ha in genere una propensione alla scelta di termini negativi per descrivere il clima familiare e la giornata. Infatti, il 25,4% di quanti hanno molto o abbastanza timore di esprimersi in famiglia usa termini di accezione negativa per descrivere i rapporti con i familiari conviventi, a fronte del 5,2% di chi questi timori non li dichiara”.
Dall’indagine emerge poi un quadro rassicurante rispetto alla vita di coppia alla luce della pandemia. Per oltre i tre quarti delle persone in coppia (77,2%), durante la seconda ondata nulla è cambiato, il rapporto va bene come prima; per il 12,8% i cambiamenti sono di segno positivo, poiché il rapporto è migliorato. Il rapporto di coppia va bene come prima per il 90,1% delle persone in coppia senza figli conviventi e per il 69,5% delle coppie con figli conviventi. In quest’ultimo caso, però, è più elevata la quota di quanti riportano un miglioramento del rapporto (17,8% a fronte del 4,6% di chi non vive con i figli).