“Il razzismo istituzionale esiste nella Chiesa d’Inghilterra ma è un peccato grave del quale bisogna pentirsi e che disfigura l’immagine di Dio che è in ciascuno di noi”. Così si legge nel rapporto “Dal lamento all’azione”, la conclusione di un’inchiesta, avviata nell’ottobre dello scorso anno dalla Chiesa d’Inghilterra, per scoprire le ragioni della discriminazione razziale ancora diffusa dentro la propria gerarchia. Un “razzismo istituzionale”, riconosce la stessa relazione, “difficile da estirpare”. Sono quarantasette le azioni che i nove esperti che hanno firmato “Dal lamento all’azione” propongono per far sì che la Chiesa anglicana si lasci alle spalle la discriminazione razziale. Indispensabile l’aumento del numero di vescovi, pastori e altri dipendenti di origine straniera. In questo momento soltanto cinque dei 111 vescovi anglicani provengono da minoranze etniche e, tra questi, soltanto uno è un vescovo diocesano. Gli altri quattro sono vescovi suffraganei. Soltanto altre nove persone tra diaconi, arcidiaconi e altri dipendenti della Chiesa d’Inghilterra appartengono a minoranze etniche. Il rapporto propone che diventi obbligatorio “reclutare” una certa percentuale di vescovi, pastori e altri dipendenti della Chiesa tra persone di origine straniera e che la “Crown nominations commission”, alla quale tocca il compito di scegliere vescovi e arcivescovi, giustifichi con “valide ragioni” la decisione di una nuova nomina che non appartenga a minoranze etniche.