(da New York) Una “messa per salvaguardare la pace e la giustizia” è quella che ieri sera l’arcivescovo di Saint Paul e Minneapolis, Bernard A. Hebda, ha celebrato in vista della sentenza del processo contro l’ex agente di polizia Derek Chauvin, accusato dell’uccisione dell’afroamericano George Floyd. È una città blindata quella che attende la sentenza della giuria, riunita da ieri pomeriggio dopo le arringhe finali di accusa e difesa, mentre le truppe della Guardia nazionale e i corpi speciali della polizia presidiano la zona del tribunale. “Mentre il processo Chauvin a Minneapolis giunge alla sua conclusione e mentre le nostre comunità sperimentano la continua tensione che circonda la morte di Daunte Wright nel Brooklyn Center, chiedo a tutti i sacerdoti dell’arcidiocesi di Saint Paul e Minneapolis di unirsi a me nell’offrire questa messa”, ha dichiarato l’arcivescovo, aggiungendo che “è in tempi come questi che dobbiamo appoggiarci ancor più alla nostra fede e chiedere a nostro Signore di aiutarci a riconoscere l’umanità condivisa di tutti i nostri fratelli e sorelle”. Rivolgendosi a un gruppo di circa 120 persone nella cattedrale di San Paolo mons. Hebda ha citato il Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e la tentazione di Filippo di non fare nulla di fronte alla folla affamata. “Come Filippo, le persone potrebbero percepire l’ampiezza dei problemi nella società di oggi come troppo opprimente ed essere tentati di non fare nulla”, ha detto l’arcivescovo, osservando che “non possiamo controllare cosa succede durante il processo e non possiamo forzare la guarigione di coloro che sentono le ferite del razzismo nella nostra terra”. Ha poi precisato che “non possiamo riportare in vita George Floyd o Daunte Wright (il giovane afroamericano, ucciso per errore da una poliziotta bianca, in uno dei rioni di Minneapolis, lo scorso 11 aprile, ndr). Significa che non facciamo niente? Assolutamente no. Ognuno di noi deve offrire i nostri cinque pani e due pesci, non importa quanto magri”. L’arcivescovo ha insistito sulla necessità di offrire questa magra offerta, le “preghiere umili” a Dio: “Lasciamo che faccia il miracolo “. Mons. Hebda ha concluso la sua omelia invitando alla preghiera perché sia concessa “saggezza e prudenza ai giurati, ai quali è stata data la pesante responsabilità di decidere la colpevolezza o l’innocenza del signor Chauvin”, ma anche a tutte le persone che attendono il verdetto perché lo accolgano “con pace”, credendo che Dio porterà “alle nostre comunità frutti di pace e di giustizia”.