Occorre garantire su tutto il territorio nazionale diagnosi e interventi precoci alle persone che soffrono di disturbi dello spettro autistico (Dsa), oltre a percorsi di inclusione sociale. Dall’autismo non si guarisce, ma interventi adeguati possono aumentare le potenzialità di bambini e ragazzi e migliorare la qualità di vita delle famiglie. Lo dice al Sir Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, intervistato in occasione dell’odierna Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo. “In Italia – spiega – sono ancora troppo poche le strutture in grado di rispondere al bisogno di diagnosi e terapia sancito dai Lea”. Inoltre “occorre puntare ad un’assistenza sempre più qualificata, non solo in centri di alta specializzazione, ma anche in realtà assistenziali e riabilitative più vicine alla famiglia”.
Di fronte alla frequenti proposte di “trattamenti di fantasia privi di base scientifica”, Vicari sottolinea la necessità di “interventi fondati su evidenze scientifiche e raccomandati nelle Linee guida nazionali ed internazionali sulla diagnosi e cura dei disturbi dello spettro autistico e dai Livelli essenziali di assistenza”.
E se la diagnosi è certa a partire dai tre anni, “un Dsa può essere sospettato a partire dai 18 mesi, a volte anche prima”. Essenziale garantire inclusione scolastica e sociale, e inserimento lavorativo perché “un Paese civile deve farsi carico di integrare, e non ghettizzare, i suoi cittadini meno fortunati”. Non si guarisce, ma “la qualità di vita può migliorare sensibilmente attraverso la terapia, che ha maggiore successo se iniziata precocemente. L’obiettivo è consentire ad ogni bambino autistico il raggiungimento del proprio massimo potenziale di autonomia e conoscenze”.