La diocesi di Carabayllo, alla periferia nord della capitale del Perù, Lima, avrà un nuovo impianto per la produzione di ossigeno di proprietà della stessa curia che permetterà di alleviare le sofferenze di una popolazione stremata dal Covid. Si è conclusa infatti con successo la raccolta fondi fortemente voluta dal vescovo locale, mons. Lino Panizza, per la costruzione, su un terreno di proprietà della curia, di un impianto da 15 mq che, una volta a regime, produrrà 48 bombole al giorno, oltre mille in un mese, dando così una piccola ma significativa risposta ai bisogni dei quartieri più poveri. “Sui media tutti dicono che siamo nel pieno della seconda ondata, ma a me sembra che la prima non sia mai finita: la percentuale dei decessi è da sempre stabile sopra il 10 per cento e la zona a nord di Lima, dove ci troviamo, è tra le più colpite”, racconta a “il Settimanale della Diocesi di Como” don Ivan Manzoni, missionario fidei donum in Perù. A lanciare la campagna con l’obiettivo di raccogliere i 550mila soles (circa 130mila euro) necessari alla realizzazione dell’impianto era stato lo stesso vescovo all’inizio della Quaresima. Grazie al coinvolgimento delle parrocchie e della società civile l’obiettivo non solo è stato raggiunto, ma superato arrivando a 605mila soles. “L’edificazione dell’impianto – ha dichiarato mons. Panizza – si realizzerà nel distretto di Indipendenza, uno dei più colpiti, e dovrebbe entrare in funzione per la fine di maggio. Ringraziamo per la dimostrazione di solidarietà e corresponsabilità moltissime persone: vescovi, sacerdoti, parrocchie, movimenti, congregazioni religiose e fedeli laici, tanto in Perù quando all’estero”.
Ad un anno dall’inizio della pandemia e secondo i calcoli del ministero della Salute, riportati dalla stessa diocesi, nel primo trimestre del 2021, il coronavirus ha provocato in Perù un aumento della domanda di ossigeno medicinale di 120 tonnellate al giorno. Quell’aumento della domanda, unito alla debolezza del sistema sanitario nazionale per la produzione e la distribuzione di ossigeno medico, ha causato l’inutile perdita di molte vite. “Nei mesi scorsi – continua don Manzoni – abbiamo assistito a scene davvero inimmaginabili: uomini e donne costretti in coda anche per tre giorni, davanti agli impianti o agli ospedali, per poter riempire anche solo parzialmente una bombola. Oppure pazienti ricoverati che dovevano farsi portare l’ossigeno dall’esterno perché gli ospedali erano senza”.