“La semi-democrazia instauratasi nel 2015 in Myanmar, dopo che i militari avevano iniziato a condividere il potere, è stata bruscamente spazzata via dal colpo di Stato del 1° febbraio scorso”. Da allora “i cittadini che protestano contro la rivolta militare sono fatti oggetto di una crescente repressione da parte del Tatmadaw (nome ufficiale delle forze armate)”. Lo scrivono Micheal Kelly, già direttore dell’agenzia UcaNews e John Zaw, giornalista della stessa agenzia di stampa, in un articolo pubblicato sul quaderno 4100 de La Civiltà Cattolica, in uscita sabato, intitolato “Passi indietro in Myanmar”. I dimostranti, ricordano i due giornalisti, chiedono ai militari che venga rilasciata la loro leader eletta, Aung San Suu Kyi, capo della Lega nazionale per la democrazia (Nld), che ha ottenuto una schiacciante vittoria alle elezioni di novembre, accusata di vari capi di imputazione che, secondo i suoi sostenitori, sarebbero del tutto inventati. Tra le reazioni interne e internazionali, molto dura la presa di posizione del relatore speciale Onu per il Myanmar, Tom Andrews, che ha parlato di “un regime assassino e illegale”. Importante anche il ruolo assunto dalle religioni e dalla Chiesa cattolica, guidata dal card. Charles Bo, che pure rappresenta una minoranza nel Paese. L’articolo riporta anche l’appello lanciato da Papa Francesco a più riprese affinché cessi la violenza e inizi il dialogo, e ricorda che “lo spettro del governo autoritario già aleggiava durante la visita compiuta dal Papa in Myanmar nel novembre 2017”.
Quale futuro è dunque prevedibile per il Paese? La tesi dei due giornalisti,è che “sebbene sia interesse anche dei generali che si ripristini presto una qualche stabilità”, in Myanmar “ci saranno pochi investimenti e il Paese tornerà a quella condizione di Stato inaffidabile e povero che pensava di essersi lasciato alle spalle grazie al processo che lo aveva condotto verso la democrazia partecipativa, e che lo distingueva in tutto il Sud-est asiatico, dove permangono governi sostenuti da potenti forze militari che si sono ingerite nella politica”.