Oltre 25mila persone hanno perso la vita in Romania a causa del coronavirus, dall’inizio della pandemia, e oltre un milione hanno contratto il virus. I moribondi sono stati privati dell’assistenza religiosa e del conforto dei familiari, e i morti sono stati sepolti nudi e con riti funebri abbreviati e limitati ai luoghi di sepoltura. “Sono condizioni disumanizzanti”, hanno affermato nei giorni scorsi i rappresentanti dei culti, chiedondo al Governo romeno di modificare le norme. “La legislazione stabilita l’anno scorso, durante lo stato di emergenza, non corrisponde più alla situazione odierna, quando si conoscono meglio le condizioni di contaminazione e che possono essere prevenute durante i funerali rispettando le regole sanitarie”, ha spiegato don Tarciziu Șerban, portavoce dell’arcidiocesi di Bucarest. “I fedeli – ha aggiunto – non hanno fatto contestazioni, bensì hanno espresso il loro dolore e la rassegnazione dinanzi a un evento che ha perso la sua dimensione umana”. Dopo più di quattro mesi di ripetute richieste e di dialogo tra i culti e le autorità governative, le norme sono state finalmente cambiate, con decreto firmato venerdì 9 aprile, dal ministro romeno della salute Vlad Voiculescu. Le nuove norme permettono l’accesso negli ospedali Covid dei cappellani e di altri sacerdoti, per offrire assistenza religiosa ai malati, e anche la visita di un familiare, se richiesta da un paziente in stato grave. Tutto nel rispetto delle norme sanitarie richieste dalla pandemia. Inoltre, i deceduti saranno sepolti vestiti e con riti funebri secondo la volontà dei familiari, rispettando la libertà di culto di ciascuno.