Messa crismale: mons. Caiazzo (Matera-Irsina), “il contagio potenzialmente più letale per tutti è quello della sfiducia”. Essere “una Chiesa amica di ogni uomo”

“Non c’è cosa più vera e santa che risponda alla chiamata di Gesù: necessità di vivere l’esperienza della comunione fraterna non per costrizione ma per scelta, non con animo rattristato o contrariato ma con gioia, non in freddi e reverenti rapporti ma nella freschezza della comunione che mostra il vero volto di essere l’unico presbiterio nella Chiesa che non è nostra ma di Gesù Cristo”. Lo ha detto mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, ieri sera, celebrando in cattedrale la messa crismale.
“Il contagio potenzialmente più letale per tutti è quello della sfiducia, di chiuderci nel nostro mondo, di coltivare le nostre solitudini, di allentare il desiderio della preghiera, della vita sacramentale, permettendo che questo tipo di virus spenga in noi il desiderio di vivere con gioia ed entusiasmo il nostro essere credenti, il servire il Signore e la Chiesa come preti”, ha avvisato il presule, che si è detto “certo che questo lungo tempo porterà a una nuova primavera per la Chiesa. Se è vero che la paura è ancora tanta nei fedeli è altrettanto vero che si avverte il bisogno di Dio, di respirarlo, di scegliere secondo gli insegnamenti di Gesù Cristo: ‘Vino nuovo in otri nuovi’, di mostrarlo con la nostra vita”.
Ricordando l’invito del Papa alla Chiesa italiana di “incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi”, l’arcivescovo ha domandato: “Non vi pare, cari confratelli sacerdoti, che il Signore ci sta chiedendo, e anche i fedeli lo desiderano, che si mostri un nuovo volto di Chiesa? A me sembra che ci venga chiesto con sempre maggiore slancio una Chiesa che sia più povera, capace di seminare amore nell’accogliere, che sia più serva non solo nell’amministrare sacramenti ma nel mostrare il volto di chi si fa carico delle gioie e dei dolori di tutti. Voi siete testimoni che mai come durante quest’anno tutto questo ci è stato chiesto. Una Chiesa che non punta il dito e non si scandalizza ma che, in forza della verità evangelica, si fa amica di ogni uomo, soprattutto dei più lontani, di coloro che non credono, capace di camminare e di dialogare con tutti”.
Mons. Caiazzo ha concluso: “Il nostro primo compito è esattamente quello di essere guide spirituali soprattutto per quanti hanno difficoltà a varcare la soglia delle nostre chiese; pastori di anime capaci ogni giorno di risollevare gli animi oppressi dallo scoraggiamento. Questo tempo della pandemia ci sta svelando esattamente la centralità del nostro ministero. Ognuno di noi lo sta sperimentando e, nel rispetto delle norme comuni, sta operando con amore e vicinanza nonostante la frustrazione in alcuni momenti nel non poter fare di più”.

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