La Corte costituzionale “con le due sentenze di oggi ha correttamente ritenuto inammissibili le questioni se attribuire paternità e maternità a persone che non hanno generato la prole, fuori dai casi dell’adozione; ha anche però richiamato il legislatore ad affrontare il problema per offrire nuove tutele giuridiche per i minori nati in quei contesti”. Lo ricorda Alberto Gambino, ordinario di diritto privato e presidente di Scienza & Vita, il quale aggiunge che “il monito della Corte non può sminuire il fatto che in entrambi i casi – delle due donne e dei due uomini – è stata rigettata la questione dell’ammissibilità del riconoscimento dello stato di filiazione in capo a minori che convivono con coppie dello stesso sesso”. “Inoltre – prosegue il giurista – che il Parlamento debba legiferare per nuovi status giuridici in assenza di legami biologici andrà valutato alla luce del quesito preliminare se una situazione di genitorialità possa nascere dall’autodeterminazione volontaristica di un singolo individuo, specie, quando, come nel caso dei due uomini, vi sia stato il reato aberrante della surrogazione di maternità”. “Non vorremmo in altri termini – conclude il civilista – che per tutelare vicende particolari si finisca per introdurre nell’ordinamento un principio che renda lo stato di filiazione oggetto soltanto di una volontà individuale e, nel caso dell’utero in affitto, addirittura criminosa”.