Giornata di manifestazioni, alcuni eccessi e atti vandalici, stigmatizzati dalla sindaca Claudia López, e ingiustificate repressioni. Ieri, per la Giornata internazionale della donna, a Bogotá è andato in onda lo stesso film già visto varie volte nell’ultimo anno e mezzo. Migliaia le donne scese in piazza per la ricorrenza e per protestare contro i femminicidi, già 47 in Colombia dall’inizio dell’anno.
Mentre la manifestazione si snodava, come di consueto, attraverso la centralissima carrera 7, un gruppo di giovani donne ha dato fuoco a una croce di fronte a una delle entrate laterali della chiesa di San Francesco, uno degli edifici coloniali più antichi e visitati della capitale, a pochi passi dalla fermata del metro-bus Transmillennio del Museo dell’Oro. Di fronte al deprecabile episodio commesso da una minoranza, si è scatenata, secondo la testimonianza diretta di Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani, una sproporzionata repressione: “Come osservatore internazionale e difensore diritti umani sono testimone oculare della violenta repressione di una pacifica marcia di migliaia di giovani donne, migliaia di ventenni, repressa con uso indiscriminato della forza da parte di migliaia di agenti Esmad in tenuta antisommossa”. Alcune scritte contro il clero sono state scritte sulla chiesa di San Diego, un paio di chilometri più a nord. Quanto accaduto davanti alla chiesa di San Francesco, secondo l’esperto, “è stato il pretesto per iniziare una feroce repressione, con gas lacrimogeni e bombe stordenti. Ho avuto paura del peggio, perché l’Esmad ha chiuso tutti gli ingressi alla piazza, migliaia di giovani si sono messe a correre e a gridare con il lancio delle prime bombe lacrimogene, che non avevano nessun senso. Ho aiutato una giovane mamma e ho alzato da terra la sua bimba di dieci anni, che stava piangendo, ho gridato avvertendo che c’erano molti bambini e un agente antisommossa mi ha puntato il fucile, un altro mi ha lanciato una bomba stordente a pochi metri”. Morsolin riporta la testimonianza della ventottenne Jenny Camacho, riciclatrice in una cooperativa: “So che Papa Francesco è a fianco delle donne lavoratrici come noi, oggi abbiamo marciato contro la violenza contro le donne e una società patriarcale. Chiediamo un lavoro degno per uscire dalla povertà e dare un futuro ai nostri figli”.