Da Erbil, tappa finale del suo viaggio, il Papa ha chiesto agli iracheni di essere “strumenti della pace di Dio e della sua misericordia, artigiani pazienti e coraggiosi di un nuovo ordine sociale”. “Comunità cristiane composte da gente umile e semplice diventano segno del Regno che viene, Regno di amore, di giustizia e di pace”, ha assicurato Francesco: “Il Signore ci promette che, con la potenza della sua Risurrezione, può far risorgere noi e le nostre comunità dalle macerie causate dall’ingiustizia, dalla divisione e dall’odio”. “Con gli occhi della fede, riconosciamo la presenza del Signore crocifisso e risorto in mezzo a noi, impariamo ad accogliere la sua sapienza liberatrice, a riposare nelle sue ferite e a trovare guarigione e forza per servire il suo Regno che viene nel nostro mondo”, l’invito: “Dalle sue piaghe siamo stati guariti; nelle sue piaghe, cari fratelli e sorelle, troviamo il balsamo del suo amore misericordioso; perché Egli, Buon Samaritano dell’umanità, desidera ungere ogni ferita, guarire ogni ricordo doloroso e ispirare un futuro di pace e di fraternità in questa terra”. “La Chiesa in Iraq, con la grazia di Dio, ha fatto e sta facendo molto per proclamare questa meravigliosa sapienza della croce diffondendo la misericordia e il perdono di Cristo, specialmente verso i più bisognosi”, l’omaggio del Papa: “Anche in mezzo a grande povertà e difficoltà, molti di voi hanno generosamente offerto aiuto concreto e solidarietà ai poveri e ai sofferenti. Questo è uno dei motivi che mi hanno spinto a venire in pellegrinaggio tra di voi a ringraziarvi e confermarvi nella fede e nella testimonianza. Oggi, posso vedere e toccare con mano che la Chiesa in Iraq è viva, che Cristo vive e opera in questo suo popolo santo e fedele”.