“Sono 4.786 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi in Calabria, il 60% sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, il 40% rimangono ancora da destinare”. È quanto si legge nel comunicato stampa di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” che presenta il report “Fatti per bene”, “fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia in occasione dei 25 anni dall’approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996”. Come evidenzia il comunicato, “la provincia di Reggio Calabria risulta quella con il maggior numero di beni confiscati destinati per finalità istituzionali e sociali con 2.097 beni mentre sono 1.120 quelli ancora da destinare mentre la provincia di Vibo Valentia risulta quella con più beni ancora da destinare (243)”. Sono invece 497″ le aziende confiscate di queste il 41% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all’affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse”; il 59% è in questo momento ancora in gestione presso l’Anbsc. “A venticinque anni dall’approvazione della Legge 109 del 1996 – commenta Libera – è certamente possibile fare un bilancio sul riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia, evidenziando innanzitutto le positività di un percorso e di tante esperienze nate grazie alla presenza di beni – immobili, mobili e aziendali – sottratti alla disponibilità delle mafie, delle varie forme di criminalità economica e finanziaria (dal riciclaggio all’usura, dal caporalato alle ecomafie) e di corruzione. Beni che sono diventati opportunità di impegno responsabile per il bene comune”.
“Il contributo – si legge ancora – che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare agli sforzi per assicurare una ripresa nel nostro Paese post pandemia, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività” e “le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali”.