“La loro morte ci ricorda con forza che l’incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi”. Il Papa ha concluso il suo secondo discorso in Iraq, alla cattedrale siro-cattolica di Baghdad, ricordando, come aveva fatto all’inizio, i “nostri fratelli e sorelle morti nell’attentato terroristico in questa cattedrale dieci anni fa e la cui causa di beatificazione è in corso”, insieme a “tutte le vittime di violenze e persecuzioni, appartenenti a qualsiasi comunità religiosa”. “Domani, a Ur, incontrerò i Leader delle tradizioni religiose presenti in questo Paese, per proclamare ancora una volta la nostra convinzione che la religione deve servire la causa della pace e dell’unità tra tutti i figli di Dio”, ha rivelato Francesco, ringraziando i vescovi, il clero e i catechisti “per il vostro impegno di essere operatori di pace, all’interno delle vostre comunità e con i credenti di altre tradizioni religiose, spargendo semi di riconciliazione e di convivenza fraterna che possono portare a una rinascita di speranza per tutti”. “Penso in particolare ai giovani”, ha proseguito il Papa: “Ovunque sono portatori di promessa e di speranza, e soprattutto in questo Paese. Qui infatti non c’è solo un inestimabile patrimonio archeologico, ma una ricchezza incalcolabile per l’avvenire: sono i giovani! Sono il vostro tesoro e occorre prendersene cura, alimentandone i sogni, accompagnandone il cammino, accrescendone la speranza. Benché giovani, infatti, la loro pazienza è già stata messa duramente alla prova dai conflitti di questi anni. Ma ricordiamoci, loro – insieme agli anziani – sono la punta di diamante del Paese, i frutti più saporiti dell’albero: sta a noi coltivarli nel bene e irrigarli di speranza”. “La vostra testimonianza, maturata nelle avversità e rafforzata dal sangue dei martiri, sia una luce che risplende in Iraq e oltre”, l’auspicio finale per questa “terra così strettamente legata alla storia della salvezza”.