“‘Cancellare’ il Tigrè come entità politica e addirittura come comunità: questo sembra stia emergendo sul conflitto in corso dall’inizio di novembre 2020 nel nord dell’Etiopia”. È quanto denuncia padre Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia. “Le notizie che filtrano sono scarse: tutte le comunicazioni sono interrotte fin dai primissimi giorni e il governo di Addis Abeba ha imposto uno stretto embargo, impedendo l’accesso non solo ai media indipendenti ma persino alle organizzazioni umanitarie che si sono mobilitate per portare aiuto alla popolazione civile”, prosegue il sacerdote, osservando che “quel poco che è emerso, tuttavia, è già tale da dipingere – se confermato – un quadro terribile, fatto di morte, distruzione, violenze che vanno molto al di là anche dell’orrore che ogni guerra comporta”.
E se “Addis Abeba nega che sia in corso una guerra”, p. Zerai evidenzia che le testimonianze dei profughi, i rapporti di istituzioni internazionali come Unhcr e Croce Rossa o il racconto di coraggiosi operatori di Ong che sono riusciti a mantenere alcuni contatti le relazioni/appello di alcuni religiosi, in particolare il vescovo di Adigrat, “concordano che si starebbe combattendo una guerra di distruzione totale, con episodi che possono configurare veri e propri crimini contro l’umanità”. Il sacerdote elenca alcuni dati: un numero enorme di vittime; almeno 65mila profughi costretti a fuggire in Sudan per sottrarsi a violenze, uccisioni, bombardamenti indiscriminati; oltre 2,2 milioni di sfollati interni (più di un terzo della popolazione dell’intero Tigrè); circa 3 milioni di persone (inclusi gli sfollati interni) che non hanno più di che vivere e sono ridotte alla fame, tanto che tutti gli osservatori concordano nel parlare di “diffusa malnutrizione” mentre già si starebbero verificando diverse morti per fame. A ciò si aggiungono rappresaglie indiscriminate, stragi di massa (con almeno 750 vittime, forse 800), un numero crescente di denunce di violenze sessuali, sia individuali che di gruppo. E ancora, il bombardamento, l’attacco e il saccheggio di luoghi simbolo della fede e della cultura del Tigrè; la distruzione quasi totale di ospedali e centri medici; la distruzione sistematica di infrastrutture e apparati produttivi. “Anche se soltanto una parte di tutto questo troverà conferma, appare evidente che la guerra in corso è caratterizzata dalla costante, quotidiana violazione dei più elementari diritti umani”, ammonisce p. Zerai: “Da qui, allora, la necessità che l’Onu, proprio attraverso la Commissione per i diritti umani, promuova ed anzi pretenda una approfondita inchiesta indipendente internazionale”. “Di fronte al sospetto di una violazione palese dei diritti umani e di episodi che si configurerebbero come crimini contro l’umanità, la comunità internazionale ha non solo il diritto ma il dovere di intervenire”, conclude il sacerdote: “A prescindere dalla volontà di Addis Abeba”.