All’80% delle donne impiegate nell’agroalimentare e nell’ambiente piace molto il proprio lavoro, ma il 45% delle intervistate ritiene che la propria azienda non sia sensibile alle esigenze delle lavoratrici, il 53% afferma che in azienda non vengono applicate le normative volte a garantire pari opportunità e, in ogni caso, il 61% delle interpellate considera la legislazione in materia di tutela del lavoro femminile “molto inadeguata”. Sono alcuni dei dati emersi dalla prima fase dell’indagine “Tra vita e lavoro. L’esperienza e le opinioni delle lavoratrici dell’agroalimentare e dell’ambiente”, promossa da Fai Cisl e coordinata dal sociologo Ludovico Ferro. Gli esiti sono stati presentati durante un webinar con l’intervento della direttrice centrale dell’Istat, Linda Laura Sabbadini, e un videomessaggio della ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti.
La rilevazione, eseguita tra luglio e novembre 2020, ha consentito di ottenere diversi focus su come le donne hanno vissuto il lockdown dello scorso anno. “L’80% delle donne intervistate appartiene a imprese che non hanno mai interrotto le proprie produzioni, anche attivando strumenti di smartworking – ha specificato la segretaria nazionale della Fai Cisl, Raffaella Buonaguro – ma è significativo che nel caso del lavoro a distanza l’esperienza viene giudicata comunque positiva dal 71% delle lavoratrici coinvolte. Le donne che hanno avuto questa esperienza, più che vero e proprio smartworking hanno fatto telelavoro, per questo riconoscono che ci siano ottime potenzialità per la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, ma anche che è necessaria una precisa regolamentazione per portare vantaggi alle lavoratrici e alle imprese. Un motivo in più per proseguire il lavoro che abbiamo intrapreso con diversi rinnovi contrattuali per governare i cambiamenti in corso regolamentando al meglio lo smartworking, incrementando le opportunità formative, riconoscendo diritti come quello alla disconnessione”.