Nel corso della quinta Conferenza di Bruxelles sulla Siria (29-30 marzo) sono stati impegnati finora solo 4,4 miliardi di dollari per sostenere la popolazione colpita da un conflitto decennale, molto al sotto dei 10 miliardi necessari nel 2021. A pagarne le conseguenze maggiori “sulla loro vita, sulla loro istruzione e sul loro benessere saranno, ancora una volta, i bambini siriani”: la denuncia è di Save the Children. In un comunicato l’organizzazione umanitaria “riconosce gli sforzi dei donatori istituzionali per attirare l’attenzione sulla difficile situazione dei bambini siriani”, dall’altro, afferma Jeremy Stoner, direttore regionale di Save the Children per il Medio Oriente e l’Europa, “non possiamo ignorare che alcuni dei Paesi più ricchi abbiano drammaticamente fallito nel sostenere programmi salvavita all’interno della Siria e nei Paesi vicini. Questo è un duro colpo per i siriani, che da dieci anni convivono con il conflitto, e siamo ben lontani dalla promessa di investire in sforzi umanitari per sostenere i rifugiati nella regione”. L’Italia, sottolinea Save the Children, ha confermato l’impegno preso a favore dei bambini siriani e può farsi, per questo, “portavoce delle richieste dell’organizzazione verso gli Stati che hanno ridotto i finanziamenti. Le conseguenze economiche del Covid-19 avranno indubbiamente giocato un ruolo in questa carenza di fondi, ma questo non deve essere un alibi per voltare le spalle ai bambini più vulnerabili e alle loro famiglie in uno dei contesti umanitari più duri del mondo”. “Due terzi dei bambini in Siria non va a scuola e oltre sei milioni soffrono la fame. Questi non sono solo numeri: sono storie vere di un popolo sull’orlo della catastrofe. Gli ultimi dieci anni sono stati una lotta continua per la sopravvivenza e questi tagli agli aiuti lasciano ancora più indietro i bambini siriani”, conclude Stoner.