“Dio richiede la libertà interiore di fronte ad ogni possesso e a tutte le cose materiali: l’amore di Dio si rivela nella responsabilità per l’altro”, e “questo tempo di pandemia, vissuta intensamente in questo come in ogni ospedale, ha rafforzato in noi l’esigenza di una responsabilità diffusa”. Nell’omelia pronunciata stamattina nella cappella dell’Ospedale di Cona (Ferrara) per la messa di Pasqua, mons. GianCarlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, ha fatto sue alcune parole di Benedetto XVI nella Spe salvi. Commentando il racconto evangelico dell’annuncio del tradimento di Giuda, l’arcivescovo ha sottolineato che, “in contrapposizione all’egoismo di Giuda, c’è il gesto fraterno di Gesù nella seconda parte del Vangelo di Matteo, che desidera vivere e condividere la cena pasquale con i discepoli”, e ha rilevato alcune annotazioni diverse rispetto al racconto di Giovanni. La pagina evangelica “mette al centro la domanda dei discepoli e di Giuda: sono forse io il traditore?”. Nei discepoli come in Giuda “non c’è la consapevolezza che Gesù è il Figlio di Dio, che conosce il cuore di ciascuno. Gesù conosce anche il nostro cuore”. “Anche noi – ha proseguito Perego – viviamo la Settimana Santa con le domande dei discepoli, che si raccoglieranno il Venerdì santo in una sola risposta di un centurione pagano: ‘Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio’”.
“Oggi vogliamo come Chiesa di Ferrara-Comacchio fare anche memora, tra i testimoni della Pasqua, di S. Guido di Pomposa. S. Guido ha fatto la scelta inversa di Giuda: da ricco si è fatto povero e pellegrino nella Terra Santa. E al suo ritorno è entrato tra i monaci di Pomposa, diventandone poi abate”. Di qui un auspicio: “La sua forza e il suo coraggio nella testimonianza della fede, ma anche nella preghiera e nel lavoro nell’importante abbazia di Pomposa, incoraggino il nostro cammino di fede e di carità, che in questo Ospedale trova una casa in cui vivere la cena con il Signore”.