“Senza una campagna di vaccinazione di massa a livello globale, in tempi brevi, le varianti del Covid-19 sono destinate a prendere il sopravvento allungando, di molto, i tempi necessari a sconfiggere la pandemia e aumentando a dismisura il numero di contagi e vittime”. È quanto emerge da una nuova indagine – realizzata dalla People’s Veccine Alliance (Pva) di cui Oxfam e Emergency sono membri – secondo cui due terzi dei 77 epidemiologi interpellati provenienti da 28 diversi Paesi “avvertono che abbiamo al massimo un anno per non vanificare l’efficacia dei vaccini di prima generazione fin qui sviluppati e contenere le mutazioni del virus; un terzo ritiene che il tempo sia inferiore a 9 mesi; solo meno di 1 su 8 valuta che i vaccini a disposizione funzioneranno qualunque sia la mutazione”.
La stragrande maggioranza degli epidemiologi, l’88%, pensa inoltre che se non si aumenterà la copertura vaccinale in molti Paesi potrebbe favorire il sorgere di varianti del virus resistenti al vaccino.
Secondo i calcoli della Pva, al ritmo attuale però solo il 10% della popolazione nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo sarà vaccinata nel prossimo anno. Quasi tre quarti degli esperti coinvolti è convinto che la condivisione della tecnologia e la sospensione della proprietà intellettuale siano gli strumenti per aumentare la produzione mondiale di dosi.
“Fino a quando soltanto una parte della popolazione mondiale avrà accesso ai vaccini, il virus avrà la possibilità di circolare, di replicarsi velocemente e quindi di mutare. I dati di cui disponiamo oggi ci suggeriscono che non abbiamo molto tempo, probabilmente tra 9 mesi e un anno, prima che si sviluppino e diffondano mutazioni del virus che riducano l’efficacia dei vaccini attualmente disponibili. Questa è una guerra che i paesi ricchi non possono vincere da soli”, spiega Antonino Di Caro, virologo dell’Istituto nazionale di malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”.
Per Sara Albiani, responsabile salute globale di Oxfam Italia, e Rossella Miccio, presidente di Emergency, “c’è il rischio altissimo che senza un cambio radicale nelle politiche di accesso ai vaccini, tutti gli sforzi fatti fin qui potrebbero essere vani. Rendere accessibili i vaccini anche nei Paesi poveri significa oggi più che mai proteggerci tutti”. “È cruciale fare pressione adesso sui colossi farmaceutici perché rinuncino ai diritti di proprietà intellettuale sui vaccini”, aggiungono Albiani e Miccio. Dalle due organizzazioni la sottolineatura di un “paradosso”: “Di questo passo anche i vaccini di seconda generazione allo studio per contrastare le varianti del virus, potranno essere soggetti al regime di monopolio garantito all’industria farmaceutica, quindi ancora una volta potremo andare incontro a scarsità di produzione e disuguaglianza nell’accesso. Un circolo vizioso che vedrà la fine solo rendendo i vaccini un bene pubblico globale”.