Utilizzare l’interferone beta per la terapia domiciliare dei pazienti Covid-19 over 65 con sintomi lievi, per evitare ricoveri inappropriati e sovraffollamento degli ospedali. E’ l’obiettivo di uno studio promosso dall’Istituto di farmacologia traslazionale (Ift) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità (Iss), che dopo l’approvazione dell’Aifa “è ora pronto ad arruolare pazienti sul territorio romano”, si legge in un comunicato. La sperimentazione sarà svolta dall’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” che con l’Unità speciale di continuità assistenziale regionale (Uscar) monitorerà gli effetti di interferone beta in 60 pazienti paucisintomatici over 65 nel proprio domicilio. I risultati della sperimentazione saranno analizzati dall’Iss per valutare l’efficacia del trattamento nel ridurre la progressione a forme più severe e nell’accelerare la negativizzazione.
Gli interferoni, spiega il comunicato, “svolgono un ruolo essenziale nelle infezioni virali, agendo come un campanello di allarme. Diversi studi, alcuni dei quali condotti nei laboratori dell’Iss, hanno dimostrato che in aggiunta ad un’attività antivirale diretta, che si esprime al meglio nelle prime fasi dell’infezione, l’interferone beta possiede anche spiccate proprietà immunomodulatorie tra cui l’induzione di anticorpi e la stimolazione di risposte cellulari contro il virus”. “Ripristinare nei pazienti anziani livelli ottimali di interferone nelle prime fasi dell’infezione” è il razionale dello studio, afferma Filippo Belardelli, ricercatore Ift. Per Emanuele Nicastri (Spallanzani), la diffusione di nuove varianti virali “mostra l’importanza di identificare farmaci anche domiciliari capaci di contrastare il virus sin dalle prime fasi di infezione riducendo la sintomatologia nei soggetti più vulnerabili al Covid-19”.