Il Brasile è nel pieno della seconda ondata, con oltre 100mila morti in meno di tre mesi e il Governo del presidente Jair Bolsonaro perde i pezzi, ma il presidente cerca di salvare il salvabile con un ampio rimpasto. Ieri, nel giro di poche ore, hanno rassegnato le proprie dimissioni il ministro degli Esteri, Ernesto Araujo, e il ministro della Difesa, Fernando Azevedo e Silva. In seguito a queste dimissioni, Bolsonaro ha avviato il rimpasto, decidendo l’avvicendamento dei ministri della Giustizia, della Casa civile, dell’Avvocatura generale dello Stato e della Segreteria di Governo.
In questo clima, quasi 100 organizzazioni cattoliche di 18 Paesi, in una lettera inviata il 29 marzo ad alti funzionari del Governo brasiliano, tra cui il presidente Jair Bolsonaro e il vicepresidente Hamilton Mourão, chiedono di proteggere di più e meglio l’Amazzonia e i diritti dei popoli indigeni.
La lettera porta in primo piano le firme dalla Commissione speciale per l’ecologia integrale e l’attività mineraria della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), del Movimento cattolico mondiale per il clima (Mcmc) e della Banca della Chiesa cattolica tedesca, Bank für Kirche und Caritas (Bkc). Nel testo sono contenute numerose richieste specifiche e la domanda di un maggior dialogo e ascolto.
Tra le richieste, l’attuazione di un piano coerente per combattere la deforestazione, compreso un budget specifico e obiettivi intermedi misurabili; un budget più ampio per la lotta agli incendi e per l’attività dell’Agenzia brasiliana per la protezione dell’ambiente (Ibama) nella regione amazzonica, negli ultimi anni drasticamente tagliato; la protezione dei territori e dei diritti umani delle popolazioni indigene; l’abbandono di terreni che in precedenza sono stati occupati in modo illegale.
Secondo i firmatari, quanto sta accadendo costituisce “una minaccia alla reputazione del Brasile”, ma anche “una minaccia molto concreta all’economia del Brasile, dato che è in aumento il boicottaggio messo in atto da investitori e consumatori”.