“Tenerezza, riconciliazione e fraternità”. Sono questi i requisiti necessari per affrontare le “sfide per l’evangelizzazione del Messico e di tutto il continente americano, particolarmente in mezzo alle difficoltà che incontriamo a causa della pandemia”. Lo ha detto il Papa, in spagnolo, ricevendo oggi in udienza la comunità del Pontificio collegio messicano. In primo luogo, Francesco ha esortato i presenti ad adottare “lo sguardo di tenerezza con cui Dio Padre guarda i problemi che affliggono la società: la violenza, le disuguaglianze economiche, la polarizzazione, la corruzione e la mancanza di speranza, specialmente tra i più giovani”. “Uscire incontro alla gente” l’indicazione per i sacerdoti, tramite “una autentica misericordia”, come quella del Buon Pastore, “sia per le pecore che ci sono affidate che per quelle che incontriamo sulle strade”. “Non clericalizzarci, il clericalismo è una perversione”, l’aggiunta a braccio. Ci vuole, inoltre, “uno sguardo di riconciliazione” per “le difficoltà sociali che attraversiamo, le enormi differenze e la corruzione”, e soprattutto per prestare attenzione “a coloro che sono scartati a causa delle loro radici indigene o della loro particolare religiosità popolare”. Infine, il Papa ha raccomandato “uno sguardo di fraternità”, che “ci permetta di mettere in evidenza i punti di connessione e interazione tra le culture e la comunità ecclesiale”, nel contesto globalizzato di oggi. “Uno sguardo che faciliti la comunicazione e la partecipazione fraterna”, ha spiegato Francesco: “che animi e guidi i fedeli ad essere rispettosi della nostra casa comune e costruttori di un mondo nuovo, in collaborazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà”. Ai seminaristi e ai sacerdoti, il Papa ha chiesto infine di “non sottovalutare le tentazioni mondane che possono portare ad una insufficiente conoscenza personale, ad attitudini autoreferenziali, al consumismo e alle molteplici forme di evasione dalle nostre responsabilità”. “Per favore, attenzione alla mondanità, è la porta della corruzione”, l’appello finale a braccio, sulla scorta di Henri De Lubac, che sul finale del suo libro “Meditazioni sulla Chiesa” definisce la mondanità spirituale “il peggior male che può capitare alla Chiesa”.