“Stiamo correndo, scappando, per nasconderci sulla spiaggia. Ci sono sparatorie ovunque”. È la drammatica testimonianza di un abitante della città di Palma, nel nord del Mozambico. Il concitato messaggio è stato registrato a metà pomeriggio di due giorni fa, 24 marzo, dopo l’attacco alla città da parte di gruppi armati. Nella registrazione, ricevuta dalla Fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), si sente chiaramente che l’uomo corre mentre dice anche che “le case sono abbandonate”, segno che l’intera popolazione è fuggita dalle proprie abitazioni. Gli eventi vengono seguiti con grande preoccupazione da Pemba, capitale della provincia di Cabo Delgado. Sono molti anche i sacerdoti e le suore che hanno dovuto lasciare le loro parrocchie e missioni a causa degli attacchi armati che affliggono dal 2017 questa regione del Mozambico settentrionale. Don Kwiriwi Fonseca, uno dei responsabili della comunicazione della diocesi di Pemba, ha spiegato ad Acs che “gli attacchi sono avvenuti simultaneamente nella città di Manguna e nei quartieri di Quibuite e Quilaua della città di Palma”. Padre Edegard Silva è un missionario brasiliano attualmente a Pemba. La sua parrocchia del Sacro Cuore di Gesù nel distretto di Muidumbe è stata teatro di uno dei più violenti attacchi terroristici del 2020. Il missionario ha riferito ad Acs che l’attacco di ieri era previsto “perché negli ultimi quindici giorni i criminali e gli insorti avevano perpetrato una serie di attacchi nella regione di Nangade e praticamente tutte le comunità confinanti con Palma erano già state attaccate”. Padre Edegard ha confermato che la popolazione è attualmente in fuga a causa dell’attacco armato. Il sacerdote ha aggiunto che la città di Palma si trova nella regione “dove si sta portando avanti il grande progetto di esplorazione del gas della multinazionale Total” e che molti osservatori sottolineano che questo è una delle ragioni della “rivolta”, come spesso viene chiamata questa situazione di violenza a livello locale. Cabo Delgado è teatro di attacchi da parte di gruppi armati legati a jihadisti del sedicente Stato Islamico dall’ottobre 2017, il che ha generato una gravissima crisi umanitaria. Secondo le Nazioni Unite alla fine dello scorso anno c’erano già più di 670.000 sfollati e oltre duemila morti. Acs ha sostenuto fin dall’inizio gli sforzi della Chiesa locale per aiutare la popolazione sfollata, e ha assicurato un primo soccorso d’urgenza di 160.000 euro. Acs fornisce inoltre contributi per il sostentamento di sacerdoti e religiose, finanzia seminari, attività di formazione religiosa e altri progetti per far fronte ai bisogni più urgenti della vita della Chiesa, sia a Pemba sia in tutto il restante territorio del Mozambico.