Pakistan: Ramello (salesiani), “i cristiani sono considerati di minore importanza e hanno poche opportunità all’interno della società”

“L’Islam in Pakistan deve ancora trovare una sintesi nel delicatissimo equilibrio tra religione e politica. Quando la religione entra a gamba tesa nella vita politica e nel diritto, dettando comportamenti concreti che vincolano ogni cittadino, si creano grossi pericoli per la democrazia e il rispetto delle minoranze. Molto pericolosa è anche una interpretazione letterale del Corano da parte di alcuni gruppi integralisti”. Ad affermarlo è Piero Ramello, salesiano coadiutore, originario di Torino e oggi missionario a Lahore, capitale culturale del Pakistan. In una intervista pubblicata dal sito https://news.missionidonbosco.org/, in occasione della Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, che si celebra oggi, Ramello ricorda che “in Pakistan la legge sulla blasfemia, punibile con la pena di morte, è stata usata in più occasioni, come nel caso di Asia Bibi, come strumento per risolvere contese personali che nulla avevano a che fare con l’offesa del Corano”. Altri esempi di come la religione invada la politica è che “secondo la Costituzione è necessario essere un musulmano per candidarsi a diventare presidente o primo ministro” e ancora più di impatto sociale è che “il matrimonio tra cristiani e musulmani non è paritetico. Questo comporta la conversione forzata della ragazza cristiana quando un musulmano si innamora di lei”. Più che di “persecuzione” però Ramello parla di “discriminazione. Essendo un’esigua minoranza, i cristiani sono considerati di minore importanza e hanno poche opportunità all’interno della società. La maggioranza dei cristiani discende dalle classi basse Hindu, che si sono convertite durante il dominio britannico, e ancora oggi rappresentano la parte economicamente più debole della popolazione”. In generale, spiega il salesiano, “le comunità cristiane, per un senso di protezione e anche di affermazione identitaria tendono a raggrupparsi in determinate aree. Sono comunità spesso composte solo da poche centinaia di persone, un po’ intimorite dalla schiacciante maggioranza dei musulmani, ma sono comunità vive. Si trovano lontane dalla ribalta, ma esercitano ogni giorno pazienza e infondono speranza. Mi piace vederle un po’ come il lievito evangelico nella massa di pasta, un fermento nel tessuto sociale pakistano”. Nei giorni scorsi Ramello ha partecipato con la comunità salesiana alla celebrazione del sesto anniversario del martirio di Akash Bashir, il diciottenne ex-allievo dell’Istituto tecnico Don Bosco di Lahore, che impedì ad un attentatore di accedere nella chiesa del quartiere di Youhanabad gremita di fedeli. Evitò una strage più pesante di quella che avvenne quando il terrorista si fece esplodere causando la morte di venti persone all’esterno. “Morirò, ma non ti lascerò entrare”, furono le ultime parole di Akash.

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