Ccee: 50° istituzione, nato per essere “segno dell’attenzione della Chiesa verso il mondo in cambiamento”

“Favorire l’incontro delle Conferenze episcopali, la reciproca conoscenza, lo scambio di esperienze, un nuovo annuncio di Cristo, la pastorale e il suo futuro”. Con questa “missione” 50 anni fa, esattamente il 25 marzo 1971, nasceva il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e da allora questo organismo europeo è stato “un segno della attenzione della Chiesa verso il mondo in cambiamento”. Lo scrivono il card. Angelo Bagnasco, presidente del Ccee, e i due vice-presidenti, card. Vincent Nichols e mons. Stanisław Gądecki, in un messaggio per il 50° anniversario dell’istituzione del Ccee. Composto da trentanove membri, di cui trentatré sono Conferenze episcopali nazionali, il Ccee rappresenta la Chiesa Cattolica in 45 Paesi del continente europeo. Il 50° anniversario del Ccee sarà celebrato a Roma nell’Assemblea plenaria di settembre alla presenza di Papa Francesco. In questi 50 anni, 7 sono i presidenti che si sono succeduti alla guida del Ccee: il primo fu il cardinale francese Roger Etchegaray dal 1971 al 1979. Poi fu la volta del cardinale inglese Basil Hume, presidente fino al 1986. Quindi il card. Carlo Maria Martini, presidente dal 1986 al 1993. Seguirono il vescovo svizzero Amédée Grab, presidente dal 2001 al 2006, e il cardinale ungherese Péter Erdő, presidente dal 2006 al 2016. Nel 2016 presidente del Ccee è stato eletto il cardinale italiano Angelo Bagnasco. “Non è possibile fare un bilancio di questi anni”, scrive oggi la presidenza del Ccee, “ma non possiamo tacere dieci simposi, tre assemblee ecumeniche, cinque forum cattolico-ortodossi, cinquanta assemblee plenarie (dal 1995 con i presidenti delle Conferenze episcopali), gli incontri con i segretari generali, degli addetti stampa e dei portavoce, gli incontri delle commissioni su tematiche emergenti”. “Il nostro organismo – prosegue la presidenza – vede oggi rafforzata la sua missione e urgente la sua presenza discreta ma efficace”. La sfida che più sta a cuore alla Chiesa è oggi “la persistente scristianizzazione dell’Europa, a cui si aggiunge la perniciosa pandemia che tocca le persone nella salute, nella famiglia, nell’economia e nel lavoro, nelle relazioni sociali”. Ma “quanto più sembra scomparire Dio dall’orizzonte dell’uomo moderno, e crescere l’inquietudine esistenziale, paure e spinte divisive, tanto più la Chiesa è chiamata ad annunciare Cristo, nostra speranza, e a testimoniare la via della comunione e della collaborazione, via che non annulla le differenze ma le rispetta e le valorizza in superiore armonia”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori