“Non ci sarà pace in Siria senza la ricostruzione e senza le risorse economiche” necessarie a far ripartire l’economia, con il 90% della popolazione in condizione di povertà. “Quanto devono aspettare ancora i siriani? Il tempo passa. Molti di loro hanno perso la speranza. Servono soluzioni urgenti e radicali”: è l’appello del card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, intervenuto stamattina ad una conferenza on line organizzata da Caritas internationalis, a 10 anni dall’inizio del conflitto. “Il processo di pace è in una fase di stallo, la ricostruzione e i fondi per far ripartire l’economia non sono ancora iniziati e molte persone stanno perdendo la speranza nel futuro del loro Paese”, ha ribadito il nunzio a Damasco. “È vero che le bombe e i missili non cadono più in diverse regioni della Siria da mesi – ha affermato -. Ma è esplosa la terribile ‘bomba’ della povertà, che secondo le ultime stime delle Nazioni Unite coinvolge il 90% della popolazione, che vive al di sotto della soglia della povertà. La più alta percentuale nel mondo. La sterlina siriana ha perso valore rispetto al dollaro, il prezzo del cibo è aumentato significativamente. Le persone fanno la fila davanti ai panifici per comprare le limitate porzioni di pane disponibili. C’è poca disponibilità di benzina in tutto il Paese. Questo è il triste risultato di dieci anni di guerra, corruzione e sanzioni”. Anche la crisi libanese e la pandemia, precisa, hanno avuto “un impatto negativo”: i siriani definiscono questi tempi difficili come una “guerra economica, peggiore di quella degli anni precedenti”. Il card. Zenari ha ricordato che 11 milioni di siriani hanno bisogno di assistenza per vivere. Ringraziando il grande lavoro svolto dalle organizzazioni umanitarie e da Caritas Siria il card. Zenari chiede però maggiore coordinamento tra le istituzioni cristiane e implora la comunità internazionale di pensare ad aiuti a lungo-termine: “La Siria ha bisogno, secondo gli esperti, di centinaia di miliardi di dollari per ricostruire ospedali, scuole, case e fabbriche e far ripartire l’economia”.