La questione religiosa entra nella campagna elettorale peruviana per le presidenziali, a tre settimane dal primo turno dell’11 aprile. I sondaggi fotografano una grande dispersione di consensi e un forte incertezza e disaffezione della gente, tanto che i sondaggi raramente stimano consensi superiori al 15%, per i principali candidati: il centrista Yohny Lescano (Acción Popular), il conservatore George Forsyth (Victoria Nacional), ex portiere con trascorsi anche all’Atalanta, la rappresentante della sinistra Verónika Mendoza e i candidati che si collocano più a destra, Keiko Fujimori e Rafael López Aliaga. È soprattutto quest’ultimo a calamitare l’attenzione degli osservatori, per la sua improvvisa ascesa, per la verità attenuatasi negli ultimi giorni (alcuni sondaggi lo danno comunque al secondo posto). Imprenditore, membro dell’Opus Dei, mescola posizioni stravaganti e nettamente di destra (qualcuno lo ha chiamato il “Bolsonaro peruviano”, qualifica che lui rigetta) e un’appartenenza religiosa che fa discutere per le sue modalità (ha rivelato di indossare il cilicio come pratica di mortificazione). Raccoglie consensi nell’opinione pubblica cattolica e in qualche caso nella stessa gerarchia, per la sua difesa della vita e della famiglia tradizionale. “Chiediamo un voto responsabile, solidale e informato per l’intera popolazione, ma questo richiede anche candidati responsabili e solidali. La Chiesa è coinvolta nella vicenda politica”, ma non prende le parti di alcun candidato e “non dovrebbe essere usata in questo momento politico”, ha sottolineato nei giorni scorsi il card. Pedro Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo e vicepresidente della Conferenza episcopale peruviana. “La proposta della Chiesa – ha aggiunto – è di unire i peruviani e che non predomini la cultura della distruzione, che divide, e che si è vista nei candidati”.
Da Lima, commenta per il Sir il giurista e sociologo dell’Università Cattolica del Perù Wilfredo Ardito Vega: “Mancano ancora tre settimane e può succedere di tutto. Alla luce degli attuali elementi non penso che López Aliaga possa vincere, e personalmente non credo rappresenti la soluzione migliore per il Perù, è troppo estremista e improvvisato. È vero, però, che molti cattolici sono attirati da lui, soprattutto perché preoccupati sulle questioni etiche, su aborto, matrimonio gay, eutanasia. Molte persone sono impaurite, e si sentono rassicurate da un candidato come López Aliaga. Inoltre, l’attuale Governo del presidente Sagasti ha commesso degli errori nella gestione del Covid-19 e della campagna vaccinale. Per esempio, io stesso mi sono battuto contro l’iniziale decisione di non ritenere prioritari gli anziani tra le persone da vaccinare. E il nuovo lockdown ha finito per penalizzare le fasce più povere della popolazione. López Aliaga ha soffiato sul fuoco e parlato di ‘politica genocida’. Nel Paese si respira rabbia e frustrazione”.