“La fratellanza non si affida a patti interessati a equilibri di potere o economici, ma solamente all’umanità più vera e autentica: è l’arca che può salvarci dal diluvio”. Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, conclude così il suo pezzo sul quaderno 4.098 della rivista, in uscita sabato. Il gesuita, presente in Iraq al seguito del Pontefice, offre una testimonianza di prima mano del viaggio papale. Prima della cronaca e del commento, ricorda la genesi del progetto nel cuore di Papa Francesco: “Guardare avanti attraverso la pacifica e condivisa partecipazione alla costruzione del bene comune di tutte le componenti anche religiose della società”, nucleo del viaggio. Spadaro sintetizza quindi gli elementi di contesto del viaggio: importanza geopolitica, tensioni nell’Iraq che accoglieva il Pontefice, presenza dei cristiani e loro fuga da una regione centrale nella storia dell’umanità, oltre che delle religioni.
A seguire la cronaca delle giornate, con le parole più importanti, i segni più belli e gli incontri più significativi: il discorso alle autorità “per una nuova cittadinanza” all’arrivo a Baghdad; gli incontri con le comunità cristiane dell’Iraq che “sono come tanti singoli fili colorati di un unico bellissimo tappeto”; la “indimenticabile” visita al Grande Ayatollah al-Sistani a Najaf; l’incontro interreligioso di Ur, cantiere di futuro fondato sulla memoria comune di Abramo; le tappe di Erbil, Mosul, Qaraqosh, dove, tra le macerie della guerra, è sbocciata di nuova la bellezza della diversità contro il fanatismo monocromo.
Nello spirito dell’enciclica Fratelli tutti, l’analisi di Spadaro, “il viaggio rappresenta un potente cambio di paradigma rispetto alle narrative consolidate e alle strategie imperialiste sul Medio Oriente. E lancia un forte messaggio spirituale, valido per l’Iraq e per il mondo”.