Le assunzioni attivate dai datori di lavoro privati nel corso del 2020 sono state 5.028.000, con una contrazione del 31% rispetto al 2019 determinata dagli effetti dell’emergenza legata alla pandemia da Covid-19 Lo comunica oggi l’Inps nel suo Osservatorio sul precariato diffondendo i dati di dicembre 2020.
“Tale contrazione, particolarmente negativa nel mese di aprile (-83%), si è progressivamente attenuata, in corrispondenza dell’allentamento delle misure restrittive nei mesi estivi scendendo sotto il 20% fino ad ottobre, per poi risalire – spiega l’Inps – contestualmente alla terza ondata della pandemia che ha richiesto l’adozione di nuove misure restrittive tanto che a novembre si è registrata una flessione del 25% e a dicembre (per quanto si tratti di dato provvisorio) del 42%”. Il calo ha riguardato tutte le tipologie contrattuali, risultando però più accentuato per le assunzioni con contratti di lavoro a termine (intermittenti, somministrati, a tempo determinato).
Per quanto riguarda le trasformazioni da tempo determinato, nel 2020 sono risultate 553.000, anch’esse in flessione rispetto allo stesso periodo del 2019 (-22%). Nel mese dicembre si è registrata una significativa inversione di tendenza con forte incremento, pari all’82% rispetto a dicembre 2019, “evidentemente – viene spiegato – trainato dalle agevolazioni predisposte dal Decreto Agosto (dl 104/2020) e in scadenza a fine anno”. Le conferme di rapporti di apprendistato giunti alla conclusione del periodo formativo risultano essere aumentate del +9% nel 2020 rispetto al 2019.
Le cessazioni nel corso del 2020 sono state in complesso 5.688.000. La diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-20%) è stata particolarmente accentuata per i contratti a tempo indeterminato e di apprendistato nel periodo marzo-dicembre 2020 (pari rispettivamente a -29% e -31%). L’Inps ha misurato anche l’“effetto” del blocco licenziamenti: in valori assoluti i licenziamenti economici relativi a rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono passati da circa 500.000 nel 2019 a meno di 250.000 nel 2020; su base annua, invece, i licenziamenti disciplinari (sempre relativamente ai contratti a tempo indeterminato) sono leggermente aumentati passando da circa 80mila a 85mila.
Il saldo annualizzato, cioè “la differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi” che “identifica la variazione tendenziale delle posizioni di lavoro (differenza tra le posizioni di lavoro in essere alla fine del mese osservato rispetto al valore analogo alla medesima data dell’anno precedente)”, che era “in progressiva flessione già nel corso della seconda metà del 2019, è divenuto negativo a febbraio (-27.000) ed è peggiorato a causa della caduta dell’attività produttiva conseguente all’emergenza sanitaria a marzo (-283.000) e ancor di più ad aprile (-623.000). La dinamica negativa è proseguita, seppur con un ritmo in progressivo rallentamento, raggiungendo il valore massimo a giugno (-812.000). A luglio si è avviata un’inversione di tendenza (-758.000) proseguita lentamente fino a fine anno”.