“La guerra in Siria finirà quando la stessa terminerà all’interno del Consiglio di Sicurezza, l’organo massimo preposto alla pace e alla sicurezza mondiale. Da sole le parti in conflitto non riescono, è muro contro muro”. È quanto afferma il nunzio apostolico in Siria, card. Mario Zenari, che in un’intervista al Sir fa il punto sulla situazione del Paese mediorientale dove si combatte ormai da 10 anni. “Finché ci saranno diatribe e divisioni in seno al Consiglio di Sicurezza – rimarca il nunzio – qui non ci sarà pace”. Il card. Zenari punta l’indice contro i veti incrociati delle grandi potenze che siedono nel Consiglio e che bloccano ogni decisione: “La situazione sul terreno si sbloccherà solo se ci sarà un input forte della comunità internazionale affinché la Risoluzione 2254, che traccia la road map del processo di pace per la Siria, venga applicata. Intanto chi sta facendo le spese di questo muro contro muro è la popolazione sempre più povera e disperata”. Nell’intervista il nunzio traccia anche un quadro dell’emergenza umanitaria in Siria arrivando a parlare di “situazione insostenibile”. “Gli aiuti di emergenza” garantiti da agenzie umanitarie, organizzazioni internazionali, ong sono “provvidenziali” ma non sono sufficienti. “La Siria moribonda deve essere rimessa in piedi, deve tornare ad avere la sua dignità. Metterla in piedi – ribadisce il nunzio – significa ricostruire: ricostruire il tessuto sociale e le infrastrutture come scuole, strade, case, ospedali, industrie. Purtroppo è tutto bloccato anche dalla corruzione e dalle sanzioni”. Circa le sanzioni – i vescovi siriani a gran voce da tempo ne chiedono la fine – il cardinale rivela di aver “cercato di fare dei passi in questa direzione. Vero che le sanzioni non toccano gli aiuti umanitari” ma è anche vero che “c’è tutto un meccanismo che poi li inceppa, ponendo molti ostacoli. Se i contendenti invece di fare muro contro muro, come dicevo poco fa, facessero qualche passo di buona volontà le sanzioni si sbloccherebbero”. Il card. Zenari conferma anche l’impegno a portare avanti, con Avsi, il progetto “Ospedali Aperti”, operativo dal 2017 e che fino alla fine del 2020 ha curato gratuitamente in tre nosocomi cattolici (due a Damasco e uno ad Aleppo) 40mila siriani malati poveri. “È un progetto che dipende da tanti buoni samaritani (Cei, Cor Unum, Papal Foundation, Fondazione Gemelli e altri, ndr.) e che cerca di dare una risposta concreta al bisogno di cure dei siriani malati poveri, in maggioranza musulmani. È significativo perché assicurando cure ai corpi feriti e malati, dando attenzione alla persona, proviamo a ricucire il senso di comunità che la guerra ha frammentato e distrutto”.