“Da ieri siamo nuovamente in lockdown, quasi tutti in zona rossa. I casi confermati, i ricoveri in terapia intensiva e i decessi purtroppo continuano a crescere. Le scuole sono chiuse, le famiglie piegate. Il dolore pesa, la paura è tanta e la fatica si fa sentire. Ci manca soprattutto l’energia per pensare al futuro”. A fotografare la situazione in Italia è don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm. Ma “vediamo un lumicino in fondo al tunnel e si chiama vaccino. Non sono molte le dosi disponibili, mancano qui da noi e molto di più in Africa. Lo ripetiamo: servono più vaccini. Per tutti. Per questo è necessario sospendere il brevetto in modo da aumentare la produzione. È urgente, lo sappiamo, per evitare lo sviluppo di nuove varianti che rischiano di vanificare ogni sforzo. L’accordo sulla deroga dei brevetti non è stato raggiunto nemmeno nel corso dell’ultima riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio della settimana scorsa: è scandaloso! A portare avanti la richiesta India e Sudafrica, contrari Usa, Regno Unito e Commissione Ue”. Nonostante il moltiplicarsi degli appelli, tra cui quello dell’Oms, sottoscritto tra gli altri anche dal Cuamm, “per una sospensione dei diritti anche solo temporanea”.
Nonostante tutto “qualche vaccino sta arrivando anche in Africa, attraverso il Covax e alcuni doni della Cina. Pochissimi, se rapportati alla popolazione, ma arrivano. Sierra Leone: 100.000; Mozambico: 200.000; Angola: 600.000; Sud Sudan: 700.000; Uganda: 900.000; Etiopia: 2.200.000”.
Don Carraro racconta: “Stiamo già mettendo a disposizione del sistema vaccinale locale le nostre risorse umane e logistiche che sono sul posto (personale, pick up, moto, frigoriferi…) ma sono sistemi fragilissimi e i bisogni sono infiniti. Dobbiamo fare di più. Bisogna lavorare con ogni energia per rafforzare la logistica, il personale, le comunità, servono mezzi e formazione. E bisogna farlo adesso”. L’iniziativa “un vaccino per noi” lanciata dal Cuamm “serve proprio per questo. Perché quando i vaccini arriveranno in quantità finalmente superiori la macchina ‘distributiva’ possa essere pronta, attrezzata ed efficace. Lo vediamo in Italia, immaginatevi in Paesi debolissimi come quelli in cui siamo coinvolti. È proprio lì che dobbiamo sostenere e lavorare, con l’aiuto di tutti”. La sfida, conclude il direttore di medici con l’Africa Cuamm, “fa tremare, richiede intelligenza e cuore, ma non ci tiriamo indietro. Dobbiamo trasformare il vaccino in vaccinazione vera e propria, iniziando dai nostri colleghi medici e infermieri locali, particolarmente esposti al contagio, per poi arrivare a tutti”.