“Non possiamo più accettare inerti le diseguaglianze e i dissesti nell’ambiente. La via per la salvezza dell’umanità passa attraverso il ripensamento di un nuovo modello di sviluppo, che ponga come indiscutibile la convivenza tra i popoli in armonia con il creato”. Ad affermarlo è il Papa, nel libro-intervista con Domenico Agasso, “Dio e il mondo che verrà, in libreria domani e co-pubblicato da Lev (Libreria Editrice Vaticana) e Piemme. “Cambiando gli stili di vita che costringono milioni di persone, soprattutto bambini, alla morsa della fame, potremo condurre un’esistenza più austera che renderebbe possibile una ripartizione equa delle risorse”, la tesi di Francesco, che spiega: “Non significa diminuire diritti ad alcuni per un’equiparazione verso il basso, ma dare maggiori e più ampi diritti a coloro ai quali non vengono riconosciuti e tutelati”. L’obiettivo, per il Papa, è quello di “concretizzare un modo nuovo di guardare la nostra Casa comune: non più come un magazzino di risorse da sfruttare, ma un giardino sacro da amare e rispettare, attraverso comportamenti sostenibili. Se non ci tiriamo su le maniche e non ci prendiamo cura immediatamente della Terra, con scelte personali e politiche radicali, con una svolta economica verso il ‘verde’ e indirizzando in questa direzione le evoluzioni tecnologiche, prima o poi la nostra Casa comune ci butterà fuori dalla finestra. Non possiamo più perdere tempo”. Dopo la pandemia, bisogna “ricostruire dalle macerie”, l’invito di Francesco, secondo il quale “questa incombenza grava enormemente su chi ha incarichi di governo”: “In un’epoca di preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto, per il lavoro che si rischia di perdere o si è perso, per il reddito che basta sempre meno, e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé, è fondamentale amministrare con onestà, trasparenza e lungimiranza. Ma ciascuno di noi, non solo i governanti, è chiamato a debellare indifferenza, corruzioni e connivenze con la delinquenza”.