“Che fine ha fatto la legge 38 sulle cure palliative?”. Questo il titolo di una riflessione di mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio a 11 anni dall’entrata in vigore della legge. “È vero che sono da registrare obiettivi importanti raggiunti, è anche vero che dobbiamo evidenziare le ombre che permangono ancora nella erogazione delle cure palliative nell’assistenza sul territorio”, evidenzia il vescovo, per il quale “le cure palliative hanno sofferto più di altre specializzazioni cliniche la pandemia del Covid-19”, perché “sono spesso relegate alla sola Assistenza integrata domiciliare, che tuttavia necessita ancora di un potenziamento”. Il vescovo evidenzia che “la terapia del dolore nell’assistenza ai malati sembra abbandonata a se stessa: molte volte, chi ne ha bisogno è costretto, soprattutto al centro-sud Italia, a rivolgersi al privato”.
Mons. Savino sottolinea che “urge assicurare i Lea (Livelli essenziali di assistenza) e stabilire tariffe omogenee per tutto il territorio, che consentano a tutti i cittadini un accesso equo alle prestazioni sanitarie essenziali”, perché “purtroppo la normativa risulta applicata sul territorio in modo disomogeneo ed accade spesso che rimane inapplicata”.
“Trascurare e non sostenere con tutti i supporti possibili l’accompagnamento del malato terminale – conclude il presule – è segno di un imbarbarimento dell’uomo e della cultura sanitaria in Italia che vuole abdicare al compito di assicurare all’individuo una adeguata educazione alla morte e al morire”. Per questo “è l’ora di riprendere lo spirito della legge 38, rilanciarla, ampliandola con tutto ciò che le sfide del Covid e del post-Covid impongono e imporranno”