Diocesi: mons. Nosiglia (Torino), “oltrepassare il semplice assistenzialismo e promuovere una sinergia di relazioni, ricche di amicizia e impegno”

“Custodire significa avere a cuore, non tralasciare niente che possa sostenere e dare aiuto a chi ce lo chiede. Il Covid-19 ha abbattuto tante barriere e steccati, perché ci ha fatto capire che siamo tutti deboli e indifesi e soggetti a una forza superiore che nessuno sospettava invincibile. Ci siamo allora sentiti una cosa sola, uniti nella pandemia e dunque aperti alla condivisione e alla solidarietà”. Lo ha affermato questa mattina l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, aprendo la XXXII Giornata della Caritas diocesana quest’anno dedicata al tema “Vicini, con cura. Figli Suoi, fratelli tutti”.
Riferendosi all’anno trascorso, l’arcivescovo ha osservato che “ci siamo scoperti impari rispetto a un’orgogliosa cultura, fondata sui soldi e sul profitto, sulla scienza e sulle capacità tecnologiche e sociali che ci garantivano sicurezza su tutto, per cui diventava fondamentale esaltare ogni pseudo valore che ci assicurava una vita gaudente e scapito di chi viveva nella povertà a volte assoluta”. “È bastato invece un piccolo virus invisibile, che ci ha resi consapevoli che la vita e la morte, la salute o la malattia, la ricchezza o la povertà, tutto non dipendeva solo da noi, ma da qualcosa – e per noi credenti da qualcuno – che possiede sì la potenza indistruttibile ed è il Signore”, ha proseguito Nosiglia.
Per l’arcivescovo “è necessario, sul piano della carità e del servizio al prossimo, oltrepassare il semplice assistenzialismo di circostanza e promuovere verso ciascuno una sinergia di relazioni, ricche di amicizia e di impegno permanente”. “Occorre – ha spiegato – avviare un percorso per un welfare di questo genere con ogni persona, che ne è sia soggetto sia destinatario”. Cinque le tappe indicate: l’accoglienza, l’accompagnamento, un aiuto concreto che sfoci nel lavoro, il principio della restituzione, l’attivazione di “una rete e un’agorà” affinché in città ci “si muova all’unisono”.

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