La pandemia ha cambiato lo stile di vita degli ultra 65enni. È quanto emerge dai dati delle sorveglianze “Passi” e “Passi d’argento” realizzati dalle Aziende sanitarie locali (Asl), in collaborazione con le Regioni e coordinati a livello nazionale dall’Istituto superiore di sanità e pubblicati nel rapporto “Passi e Passi d’argento e la pandemia Covid-19”.
Tra gli ultra 65enni, viene spiegato, il pensiero intrusivo (relativo ad un’esperienza vissuta e legata alla pandemia in maniera dolorosa) è riferito dal 34% degli intervistati e come accade per gli adulti è associato a caratteristiche socio-demografiche dei rispondenti, al loro profilo di salute fisica e psicologica e al vissuto di malattia.
Inoltre, se fra gli adulti si riduce la quota di sedentari, perché aumenta l’attività fisica nel tempo libero, tra gli anziani, al contrario, si registra un aumento significativo della quota di sedentari nel periodo pandemico rispetto agli stessi mesi del 2019, che sale dal 40% del 2019 al 43% nel 2020.
Con la pandemia, è cambiato anche il consumo di alcol. I dati della sorveglianza “Passi d’argento” raccolti durante il periodo pandemico marzo-dicembre 2020, rilevano che nella popolazione ultra 65enne si registra un incremento statisticamente significativo della quota complessiva di persone che riferisce di consumare alcol, che passa dal 39%, osservato negli stessi mesi del 2019 al 45% del 2020. “Questo aumento – spiega l’Iss – è totalmente attribuibile ad un aumento di consumo moderato (non più di una unità alcolica al giorno) nelle donne che passa da 17% del 2019 al 25% del 2020”.
Complessivamente, tra gli adulti il trend rimane più o meno invariato dal 2018: il 17% degli intervistati 18-64enni ha fatto un consumo di alcol a maggior rischio per la salute, per quantità e modalità di assunzione: il 3% ne ha fatto un consumo abituale elevato superando le soglie di consumo medio giornaliero indicate dalle linee guida internazionali, l’8% risulta un binge drinker e un altro 9% ha consumato prevalentemente alcol fuori pasto. “Il consumo di alcol a rischio – viene sottolineato – resta una prerogativa delle classi socialmente più avvantaggiate, per reddito o per istruzione, residenti nel Nord Italia ed è maggiore fra gli uomini”.