Anziani: Pav, servono “nuovi modelli di cura”, come il co-housing. “Intelligenza artificiale” può aiutarli a restare nelle loro case

Independent living, assisted living, co-housing: sono tutti “nuovi modelli di cura per gli anziani” che vanno promosse, per consentire loro di mantenere una vita autonoma ricevendo tutta l’assistenza di cui hanno bisogno. Ad elencarle è la Pontificia Accademia per la Vita, nel  documento: “La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia”, diffuso oggi, in cui si fa notare che un “grande supporto può derivare dalle nuove tecnologie e dai progressi della telemedicina e dell’intelligenza artificiale: se ben utilizzati e distribuiti, possono creare, attorno all’abitazione dell’anziano, un sistema integrato di assistenza e cura capace di rendere possibile la permanenza nella propria casa o in quella dei propri familiari”. “Un’alleanza attenta e creativa tra famiglie, sistema sociosanitario, volontariato e tutti gli attori in campo, può evitare ad una persona anziana di dover lasciare la propria abitazione”, la tesi della Pav: “Non si tratterebbe solo di aprire strutture con pochi posti letto, o di fornire un giardino o un animatore per il tempo libero. È necessaria, piuttosto, una personalizzazione dell’intervento sociosanitario e assistenziale”. Tali esperienze, infatti, “consentono di vivere in un alloggio privato, godendo dei vantaggi della vita comunitaria, in un edificio attrezzato, con un sistema di gestione del quotidiano totalmente condiviso e alcuni servizi garantiti, come l’infermiere di quartiere. Ispirandosi al tradizionale vicinato, contrastano molti dei disagi delle città moderne: la solitudine, i problemi economici, la carenza di legami affettivi, il semplice bisogno di aiuto. Sono le ragioni fondamentali del loro successo e della loro larga diffusione in tutto il mondo”.

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