Riqualificare la casa di riposo in un “continuum” socio-sanitario. E’ una delle proposte contenute nel documento della Pontifica Accademia per la Vita “La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia”, diffuso oggi. Secondo la Pav, “le case di riposo dovrebbero riqualificarsi in un continuum sociosanitario, ossia offrire alcuni loro servizi direttamente nei domicili degli anziani: ospedalizzazione a domicilio, presa in carico della singola persona con risposte assistenziali modulate sui bisogni personali a bassa o ad alta intensità, dove l’assistenza sociosanitaria integrata e la domiciliarità rimangano il perno di un nuovo e moderno paradigma”. Per congiurare gli “abusi” che, “nei contesti istituzionalizzati, si verificano più di frequente”, è necessario “supportare le famiglie che, soprattutto se costituite da pochi figli e nipoti, non possono sostenere da sole, presso un’abitazione, la responsabilità a volte logorante di prendersi cura di una malattia esigente, costosa in termini di energie e di denaro”. Per questo, si legge nel documento, “va reinventata una rete di solidarietà più ampia, non necessariamente ed esclusivamente fondata su vincoli di sangue, ma articolata secondo le appartenenze, le amicizie, il comune sentire, la reciproca generosità nel rispondere ai bisogni degli altri”. Il declino delle relazioni sociali, infatti, “colpisce in modo particolare gli anziani: con l’avanzare dell’età e l’emergere delle fragilità fisiche e cognitive, vengono spesso a mancare figure di riferimento, persone su cui fare affidamento per affrontare i problemi della propria vita”. Nel testo si citano “alcune storiche, grandi inchieste”, condotte ad esempio negli Stati Uniti, che rivelano che “tra il 1985 e il 2004 le reti amicali e di sostegno si sono ridotte drasticamente: nel 1985 le persone potevano contare su circa tre persone di fiducia, nel 2004 questo dato si riduce a uno”. Di qui l’importanza di “invertire il trend, anche con attenti piani che promuovano sia nel versante civile che in quello ecclesiale l’attenzione e la cura perché coloro che invecchiano non siano lasciati soli”.