“Ci rivolgiamo a voi per esprimere la nostra profonda preoccupazione per le misure del controllo dell’immigrazione implementate a partire dal 26 gennaio 2021, con la mobilitazione delle forze militari e dispiegamento di veicoli da combattimento al confine tra Ecuador e Perù”. Inizia così la lettera aperta, indirizzata oggi da numerose organizzazioni ecclesiali e della società civile, oltre che da singoli leader sociali e operatori pastorali ai presidenti della Repubblica di Ecuador e Perù, rispettivamente Lenín Moreno e Francisco Sagasti, ai ministri degli Esteri e della Difesa e ai Difensori del popolo di entrambi i Paesi. La lettera, che conta un totale di 99 firme tra singoli e organizzazioni, tra cui la rete continentale Clamor, la Caritas ecuadoriana, gesuiti e scalabriniani, denuncia la gravità della situazione, che vede come vittime migliaia di migranti e rifugiati venezuelani, in fuga dal proprio Paese.
“Avvertiamo che questo tipo di misure contravvengono agli accordi e ai trattati internazionali firmati da Ecuador e Perù sui diritti umani, e mettono a rischio dei civili che sono in situazione di migrazione forzata e bisognosi di protezione internazionale”, si legge infatti nel documento. Inoltre, tali scelte “attentano contro principi fondamentali come l’uguaglianza e della non discriminazione, il ricongiungimento familiare, l’interesse superiore dei minori, e colpiscono soprattutto le donne, i bambini, gli adolescenti e i giovani non accompagnati, che si trovano bloccati in queste zone di confine”.
Proseguono le organizzazioni sociali ed ecclesiali firmatarie della lettera: “Condanniamo la criminalizzazione dei migranti e di coloro che ne hanno bisogno protezione internazionale, così come la scusa usata da entrambi i Governi, cioè quella di fermare la diffusione del Covid-19”. Piuttosto, “avvertiamo che queste misure potrebbero generare una nuova crisi umanitaria nel contesto della pandemia. In questo senso, esortiamo le autorità ad adottare disposizioni nel rispetto indiscriminato dei diritti delle persone che abitano un territorio o che varcano le frontiere”.
I Difensori del popolo di entrambe le nazioni vengono, poi, esortati ad “assumere il loro compito di assicurare il rispetto e garantire i diritti delle persone” e a “mettere in atto azioni congiunte per prevenire una crisi umanitaria, con impatti sulle popolazioni ospitanti. Inoltre, facciamo appello alle Organizzazioni internazionali per i diritti umani a pronunciarsi su questa situazione”.