“Faremo il possibile per contribuire a porre fine a questa pratica entro il 2030, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”. Lo dichiara Paola Magni di Amref, in prossimità della Giornata internazionale della tolleranza zero per le mutilazioni genitali femminili, che ricorre il 6 febbraio. “La complicazione, ora che il mondo sta affrontando la pandemia di Covid-19 di cui siamo tutti al corrente, riguarda le interruzioni e il rallentamento dei progetti e dei programmi di prevenzione e contrasto”, avverte Magni.
Un recente studio condotto da Amref Health Africa, in collaborazione con Amref International University, sugli effetti della pandemia Covid-19 sulle mutilazioni genitali femminili e sui matrimoni precoci e forzati in Kenya, dimostra un crescente numero di casi di nel Paese. La ragione più comune presentata è stata la chiusura delle scuole (50%) e la conseguente permanenza a casa. Durante l’emergenza è stato individuato un aumento della consulenza psicologica e sessuale (69%), una riduzione dei soccorsi (18%) e del reinserimento nei servizi di comunità (7%) e un notevole aumento dei servizi non offerti dal 15% (prima di Covid-19) al 49% (durante Covid-19). Ibrahim Ole Kinwaa, dal 2017 lavora nello staff di Amref in Tanzania per contrastare questo fenomeno: “Mia sorella ha subito la mutilazione genitale femminile quando aveva solo 12 anni. Dopo pochi mesi, è stata data in sposa a uomo più grande di lei. Non ho potuto fare nulla per lei, ma da allora ho deciso che questa è la mia battaglia. E voglio vincerla”.