“Una visita attesa da tanto tempo, sin da quando era Papa Giovanni Paolo II. Purtroppo le vicende del nostro Paese, le guerre, le tensioni settarie, il terrorismo lo hanno impedito. Oggi sentiamo tutta la felicità dei figli che aspettano il loro Padre. Sarà una visita di pace e di fraternità che parla a tutto il Medio Oriente. Preghiamo, pertanto, che tutto possa andare bene e che non accada nulla”: così padre Karam Shamasha, parroco caldeo della parrocchia di San Giorgio a Telskuf, nella Piana di Ninive, presenta il prossimo viaggio di Papa Francesco in Iraq, previsto dal 5 all’8 marzo prossimo. Il sacerdote, questa mattina, ha portato la sua testimonianza nel corso dell’incontro on line “La situazione della Chiesa cattolica e dei cristiani in Iraq”, promosso da Iscom, associazione impegnata nel campo della comunicazione e di formazione professionale per giornalisti. Dopo aver tracciato una panoramica storica della presenza cristiana in Mesopotamia, padre Shamasha ha espresso l’auspicio che “la presenza del Papa possa contribuire a ristabilire la fiducia tra cristiani e musulmani”. Una riconciliazione necessaria dopo le guerre settarie scoppiate dopo il 2003, con la caduta di Saddam Hussein, che hanno visto i cristiani attaccati e perseguitati e soprattutto dopo l’invasione della Piana di Ninive nel 2014 da parte dell’Isis e la conseguente fuga dei cristiani dalle loro terre e case. “I primi a saccheggiare le nostre abitazioni – ricorda il sacerdote caldeo – sono stati proprio i musulmani dei villaggi vicini ai nostri. Una mentalità che esisteva prima dell’Isis, quando tanti musulmani già gettavano i loro sguardi sulle proprietà cristiane nella convinzione che prima o poi i cristiani sarebbero scomparsi dall’Iraq”. “La nostra vocazione – ha ribadito il parroco – è perdonare, non ricercare la vendetta. Come cristiani abbiamo sempre ricercato una vita pacifica, devota al bene dei nostri figli e famiglie, valori intangibili. Il perdono è per noi un modo di vivere una vita degna”.