“L’emergenza sanitaria ha profondamente trasformato la vita delle persone sia dal punto di vista familiare e delle relazioni significative, sia lavorativo, modificando in maniera sostanziale il rapporto tra questi due ambiti significativi per la definizione dell’identità della persona adulta: famiglia e lavoro”. È quanto osserva Sara Mazzucchelli, docente di Psicologia dei processi organizzativi e culturali all’Università Cattolica, autrice, assieme a Claudia Manzi, del volume “Famiglia e lavoro: intrecci possibili. Studi interdisciplinari sulla famiglia”.
“Le relazioni familiari sono state profondamente toccate e sfidate: privata della reticolarità supportiva che la contraddistingue, la famiglia nucleare si è trovata ad affrontare la sfida di prendersi cura dei membri malati o disabili, accudire i figli, supportarli nella didattica a distanza e contemporaneamente proseguire l’attività lavorativa – sostiene Mazzucchelli -. La ripresa di scuola e asilo in presenza ha portato certamente a una situazione di maggior respiro ma, per tutelare i nonni, molte famiglie hanno preferito continuare a occuparsi in via pressoché esclusiva dei figli, con evidenti problemi di conciliazione”.
“L’indagine svolta in questi mesi mostra come la conciliazione sia un problema serio, che si è accentuato durante l’epidemia, facendo emergere livelli elevati di conflitto tra i due ambiti”, spiega Claudia Manzi, docente di Psicologia sociale all’Università cattolica. Eppure “dalla nostra esperienza di ricerca e dalla letteratura interdisciplinare sul tema emerge chiaramente che vita lavorativa e familiare si innestano in un complesso intreccio. Bisogna andare al di là degli stereotipi, abbandonando una visione parcellizzata e riduttiva del lavoratore per lasciare spazio a uno sguardo che lo osservi a 360 gradi, ne consideri i vissuti personali e lo sostenga in tutto sia nei progetti lavorativi sia in quelli esterni all’attività di lavoro”.