Durante la sesta udienza, durata poco meno di un’ora, del processo in corso in Vaticano è stato interrogato come testimone il vescovo di Como, mons. Oscar Cantoni. Le prossime udienze in calendario sono il 17 e il 18 marzo, durante le quali sarà interrogata la presunta vittima di abusi sessuali, L.G., e sarà effettuata una visita al Preseminario San Pio X. Già calendarizzata, inoltre, l’udienza del 14 aprile. Secondo quanto ha riferito il “pool” di giornalisti ammessi in aula, mons. Cantoni ha confermato le dichiarazioni contenute sia in una nota del 20 novembre 2017 sia in un documento al termine dell’indagine previa datato 2 maggio 2018, definito dal presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone, “estremamente dettagliato”. L’indagine previa condotta dalla diocesi di Como, nata in seguito alle lettere di denuncia di don Marinoni e don Granoli, i due sacerdoti che don Radice aveva emarginato dalla gestione, si è conclusa con un “votum episcopi” in base al quale si disponeva un risarcimento di 20mila euro per la presunta vittima, L.G., oltre che un fondo di più di 5mila euro per le spese effettuate. Ed è proprio il “votum episcopi” alla base del rinvio a giudizio del processo penale in corso – anche se tale atto non equivale assolutamente a una condanna in quanto il processo canonico non c’è stato – ed è stato notificato soltanto a don Gabriele Martinelli e non a mons. Enrico Radice. Tutto ciò, ha osservato l’avvocato Camilli, difensore di Radice, pone “un problema enorme” a monte. Inoltre, ha spiegato Mons. Cantoni, la sanzione non è neanche esecutiva “perché – ha aggiunto – aspettiamo gli esiti di questo processo penale”. Nella sua deposizione, Mons. Cantoni ha ribadito la sua difesa nei confronti di Martinelli, sottolineando il ruolo della cattiva stampa e dei servizi giornalistici che, a suo avviso, ne hanno “leso la fama e la dignità”. Nascono qui i provvedimenti disciplinari emessi nei confronti di Martinelli (tra il 2017 e il 2019). Provvedimenti che inizialmente lo hanno isolato in un monastero in Valle d’Aosta e successivamente lo hanno inserito in una struttura protetta a Como, con la disposizione di poter parlare solo ai suoi superiori e ai genitori. Per il presule si è trattato di un provvedimento teso soprattutto a difendere il Martinelli. “Abbiamo cercato di proteggere la persona la cui fama – ha detto – è stata lesa” dai media. Quanto alle accuse mosse all’imputato, Cantoni ha confermato che le segnalazioni dei sacerdoti parlavano di “una condotta sessualmente inappropriata”, ma allo stesso tempo ha ribadito che “è pacifico che in quegli anni la persona in questione non fosse chierico, evidenziando così la mancanza del requisito soggettivo per l’applicazione delle norme” (quelle relative agli abusi da parte del clero sui minori, ndr). “Da quando è a Como – ha rivelato Cantoni -, prima come diacono poi come sacerdote, su Martinelli non c’è stata una segnalazione”, aggiungendo che secondo lui quella di Martinelli “era una tendenza omosessuale transitoria legata all’adolescenza. Don Gabriele (Martinelli) ha sempre rispettato le regole imposte e nessuno, da quando è prete, si è mai lamentato con me”.
Nel 2017, dopo il servizio andato in onda su “Le Iene” il vescovo Cantoni prese contatto con don Giampiero Franzi e chiese un incontro con il legale di Como per discutere di questa “triste vicenda”. Franzi non aveva conoscenza diretta dei fatti ma ne era venuto a conoscenza da terzi. Secondo Mons. Cantoni, in quell’occasione è però emersa “la gestione accentratrice” dell’allora rettore del Preseminario don Radice che non solo “non condivideva con i confratelli la conduzione” della struttura e che poi aveva “imposto il silenzio” dei fatti gravi di cui era stato informato al solo scopo di “tutelare l’Opera don Folci”. É emerso anche che il 10 luglio 2013 L.G. aveva inviato una lettera al vescovo emerito di Como, Diego Coletti, nella quale scriveva di aver finalmente “trovato la forza di segnalare al rettore Radice” ciò che non andava nel Preseminario e anche di non essere stato “l’unico a subire”.
A detta di Marinoni, L.G. il 9 giugno 2017 aveva consegnato ad Alessandro Flaminio Ottaviani – ieri ascoltato come teste – una lettera chiedendogli di farla pervenire al Papa. Ottaviani, sapendo che la lettera conteneva accuse contro il cardinale Comastri, aveva deciso in cuor suo di non consegnarla. “Non me la sono sentita e non c’è stata l’occasione” ha tra l’altri detto ieri Ottaviani interrogato proprio su questa vicenda.
A lungo, nel corso dell’udienza, ci si è soffermati sulla questione della “potestà” sul Preseminario che è un ente in Vaticano ma la cui gestione è affidata all’Opera don Folci della diocesi di Como. Cantoni dice di aver chiesto chiarimenti a riguardo al cardinale Comastri, che però dal canto suo ha ribadito di essere solo il responsabile della Sagrestia della Basilica di San Pietro e quindi “non posso avere la giurisdizione sul Preseminario in quanto tale”. Dal momento che “si viveva in ambiguità”, il vescovo si è rivolto al cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, secondo il quale “non c’era un patto tra il Vaticano e Como”. “Alla fine – ha affermato Mons. Cantoni – ho potuto chiarire che la responsabilità ultima è della diocesi di Como”, e che il “Preseminario preferiva sostenere che era una ente a sé, indipendente dall’Opera. Ma ho contestato questa situazione”. Il vescovo ha quindi evidenziato in questo senso anche dei problemi di formazione: “A Como ho ribadito che la formazione teologica doveva e deve avvenire a Como. Mi astengo dall’ordinare qualcuno se non ha fatto il seminario a Como. Si deve formare la persona nel contesto in cui sarà operativo e rispettare al tempo stesso il carisma di una comunità”. È stato lo stesso Cantoni ad ordinare Marinelli, poco tempo dopo aver preso possesso della diocesi di Como. “Quando ho saputo che era prossima l’ordinazione – ha raccontato – sono venuto a Roma e ho convocato il rettore Radice e il rettore del Seminario Francese. Entrambi mi dissero che secondo loro il giovane (Martinelli) aveva fatto un percorso positivo. Tutte le persone a cui avevo chiesto un giudizio su Martinelli, che avevano avuto a che fare con lui dopo il diaconato, mi avevano rassicurato che non ci fosse stato nessun comportamento equivoco e che si era comportato con dignità. Il rettore del Francese mi disse inoltre che aveva visto una maturazione. Sono passati anni disse e aggiunse ‘Ok, diamo il via’”. Cantoni infine ha riferito di aver ricevuto una buona collaborazione durante le indagini da parte dell’Opera Don Folci, che attualmente risulta commissariata: “Ho ordinato un’inchiesta per far luce su aspetti economici e pedagogici. Sono molto preoccupati”. L’indagine è ancora in corso, sospesa a causa del Covid. Nella sua nota il presule scriveva di aver “maturato il sospetto che qualche sacerdote all’epoca educatore nel Preseminario fosse venuto meno al suo compito di vigilanza”.
Durante l’interrogatorio di oggi è stata citata la lettera falsa firmata da Radice a nome del vescovo Coletti per confermare l’idoneità al sacerdozio di Martinelli e chiedere anche di accelerarla in occasione del 90° anniversario del fondatore dell’Opera Don Folci. Cantoni ha confermato di non aver avuto notizia di questa lettera ma di averne appresa l’esistenza durante l’indagine, quando era stata già stracciata. È emersa, inoltre, la figura dell’ex vicario giudiziale della diocesi di Como, don Andrea Stabellini, ora residente a Lugano dove insegna Teologia, al quale viene imputato da alcuni avvocati della difesa di aver violato il Codice di Diritto Canonico che prevede la riservatezza delle indagini.