“Gli immigrati uguale terroristi: è difficile sostenere l’esistenza di un nesso di causalità tra i due fenomeni. L’essere migrante non sarebbe una condizione scatenante per l’adesione terrorismo”. È quanto emerge dal secondo rapporto dell’Osservatorio sul radicalismo e il contrasto al terrorismo (ReaCT2021), presentato oggi on line – con il patrocinio del ministero della Difesa – sul sito e sulle pagine social della rivista “Formiche”. Tuttavia, secondo Claudio Bertolotti, direttore Esecutivo – Osservatorio ReaCT “è vero che vi sono molteplici legami tra immigrazione e terrorismo e tra immigrati e terroristi, in particolare: criminalità organizzata – gruppi terroristi – migranti irregolari; terroristi di andata e ritorno – i terroristi europei andati in Siria sono di fatto migranti”. L’Europa, in questo senso, “è esportatrice di terroristi; migranti economici che optano per l’adesione al terrorismo nel corso del loro viaggio; e ancora i migranti che aderiscono al jihad o che emigrano per colpire, come conferma l’attacco terroristico di Nizza (Francia) del 29 ottobre 2020, portato a termine da un immigrato irregolare partito dalla Tunisia e sbarcato in Italia alcune settimane prima”. Secondo il Rapporto esiste “un rapporto di proporzionalità” tra i principali gruppi di immigrati e i terroristi. La nazionalità dei terroristi, o delle famiglie di origine, è in linea con la dimensione delle comunità straniere in Europa. Prevale, spiega Bertolotti, “l’origine maghrebina: i gruppi etno-nazionali principalmente afflitti dall’adesione al modello jihadista sono quelli marocchino (in Francia, Belgio, Spagna e Italia) e algerino (in Francia). Guardando ai numeri il Rapporto mostra una crescita potenziale del rischio di terrorismo con l’aumentare dei migranti irregolari: il 16% dei terroristi sono immigrati irregolari (2014- 2020), il 25% nel 2020. Esiste dunque un rischio statistico, poiché “più immigrati significa maggiore probabilità che tra questi vi siano terroristi o soggetti che potrebbero aderire, anche in un secondo momento, al terrorismo jihadista”. Ma a fronte di questa correlazione, sottolinea Bertolotti, “non vi è un evidente nesso di causalità: non è la condizione di migrante ad alimentare il terrorismo, ma possono contribuire alla scelta di aderire al terrorismo alcuni fattori quali il trascorso individuale, le condizioni di vita al momento dell’arrivo, le reti criminali o jihadiste con cui entrano in contatto o dalle quali tali soggetti vengono intercettati”.