“Rivolgiamo un appello ai Governi perché la risposta alla migrazione forzata che oggi colora di dolore i nostri valichi di frontiera e le nostre strade consista in politiche pubbliche basate sul rispetto dei diritti umani, della libertà di transito e della protezione internazionale. Non vogliamo una società insensibile e priva di sostegno”. È la richiesta ai Governi, in particolare a quelli di Cile e Bolivia e Perù, che arriva dalle organizzazioni che operano a favore dei migranti nelle zone di frontiera tra Bolivia e Cile. Tra queste, Caritas Bolivia, Caritas Cile, l’Istituto cattolico cileno per le migrazioni (Incami), gli scalabriniani, le diocesi di Iquique e Calama (Cile), Oruro e Potosí. Da qualche tempo essendo militarizzata la frontiera tra Tacna (Perù) e Arica (Cile), numerosi migranti, soprattutto venezuelani, stanno cercando di entrare in Cile dalla Bolivia. Il piccolo comune frontaliero di Colchane, in Cile, nella regione di Taracapá, è al collasso. Si tratta di una località a 3.700 metri d’altitudine, dove si vive in condizioni estreme.
Contemporaneamente, prosegue l’appello, “chiediamo la promozione e il rafforzamento di politiche pubbliche volte a rispondere ai bisogni delle popolazioni vulnerabili dei Paesi ospitanti, con la stessa urgenza e in coerenza con queste iniziative, affinché nel nostro continente si raggiungano condizioni di benessere, giustizia sociale, rispetto e promozione dei diritti di tutti i suoi abitanti”.
Si legge ancora nella nota: “Nelle ultime settimane, vista la situazione dei fratelli migranti al confine tra Cile e Bolivia, abbiamo cercato di aiutare e creare consapevolezza di questa realtà per non disumanizzarci o per non rendere naturali violenza, xenofobia, esclusione e sfruttamento lavorativo, tratta e morti anonime che colpiscono queste persone”. Infatti, proseguono le organizzazioni, “l’inazione e l’indifferenza non sono opzioni cristiane, al contrario, ci interpella il fatto che l’aspirazione a vivere con dignità si trasformi in rifiuto e violenza, che le politiche sull’immigrazione siano sempre più restrittive, che i piedi nudi trovino il filo spinato, che l’arrivo nel Paese di destinazione diventi militarizzazione delle frontiere, che l’accoglienza diventi espulsione, separazione delle famiglie e rischio di essere arrestati o di perdere la vita”. La nota si conclude auspicando che “i Governi vedano nelle istituzioni ecclesiali e non ecclesiali degli alleati per promuovere soluzioni sostenibili, solidali e dignitose alla migrazione forzata”.