Altri giorni di sangue in Colombia, le cui zone periferiche sono sempre più immerse nella spirale della violenza. A Tumaco, nel dipartimento meridionale del Nariño, nei pressi della frontiera ecuadoriana, sono state ben 11 le vittime di diversi attentati e massacri accaduti nell’ultimo fine settimana, tra cui 4 nel massacro accaduto nel territorio indigeno Awá de la Brava, che ha provocato la morte di 4 persone, tra cui quella del leader indigeno Marcos Paí. A queste uccisioni si è aggiunta quella che ha visto come vittime tre donne nel municipio di Satinga. “Le autorità devono proteggere la vita di tutte le persone e di fronte a questi fatti di violenza – afferma in un video appello il vescovo di Tumaco, mons. Orlando Olave Villanova – chiediamo alle autorità di operare affinché i responsabili siano assicurati alla giustizia”.
Mons. Olave rivolge, inoltre, un appello alla comunità perché nell’unità cerchi strade in grado di trasformare questa realtà di morte in cammini di riconciliazione e pace, “poiché non possiamo giudicare la morte di alcuna persona”. Secondo l’ong Indepaz, quello contro gli indigeni Awá è il quattordicesimo massacro in Colombia dall’inizio dell’anno, mentre sono già 26 i leader sociali e i difensori dei diritti umani assassinati.
Altro luogo dove in questo momento la popolazione è terrorizzata è la subregione del rio Baudó, tra i dipartimenti del Chocó e di Antioquia, nel nordovest del Paese. In difesa della popolazione, vittima di una disputa territoriale tra la guerriglia dell’Eln e i paramilitari del Clan del Golfo (Autodefensas gaitanistas del Colombia), sono accorsi tre vescovi: Juan Carlos Barreto Barreto (Quibdó), mons. Mario de Jesús Álvarez Gómez (Istmina–Tadó) e mons. Hugo Alberto Torres Marín (Apartadó). I tre presuli stanno realizzando un accompagnamento diretto e un ascolto delle comunità. “La Chiesa vuole collaborare, vuole accompagnare, però è dovere del Governo nazionale, dipartimentale e locale fare la propria parte perché queste comunità possano rinascere e trovino un cammino di liberazione”. I vescovi condannano con vigore la recente uccisione della leader indigena Luz Aida Concha; mons. Barreto denuncia “omicidi, mine antiuomo, reclutamento di minori, sfollamenti forzati, confinamenti, minacce e leader comunitari”.