Nel 2018 prosegue la crescita, iniziata nel 2014, della spesa dei Comuni per i servizi sociali: al netto del contributo degli utenti e del Servizio sanitario nazionale, ammonta a circa 7 miliardi 742 milioni di euro (pari allo 0,42% del Pil e all’1,5% della spesa per la protezione sociale), superando i livelli precedenti il declino del triennio 2011-2013. Rispetto al 2017 la spesa per i servizi sociali aumenta del 3,1% (circa 224 milioni di euro), passando da 120 a 124 euro pro-capite. Lo comunica oggi l’Istat diffondendo il report “La spesa dei Comuni per i servizi sociali” nel 2018.
Rispetto alla media Ue, viene spiegato, l’Italia destina una quota importante del Pil alla protezione sociale (28,8% contro 27,9%): il 66% è assorbito dalla previdenza, circa il 23% dalla sanità e solo l’11% dall’assistenza. La quota di spesa rivolta agli anziani, che include le risorse per le pensioni di anzianità e vecchiaia, è decisamente più alta (49% contro 40,3% della media europea) mentre sono più basse quelle per la disabilità (5,7% contro 7,6%) e per le famiglie con figli (4,1% e 8,3%).
Stando ai dati diffusi, i servizi sociali dei Comuni sono rivolti prevalentemente alle famiglie con figli e ai minori in difficoltà, agli anziani e alle persone con disabilità (ambiti che assorbono l’82% delle risorse impegnate). Il 7,5% riguarda l’area Povertà e il disagio adulti, il 4,7% è destinato ai servizi per immigrati, rom, sinti e caminanti, una minima parte (0,3%) riguarda interventi per le dipendenze da alcol e droga e il rimanente 5,4% è assorbito dalle attività generali e dalla multiutenza (sportelli tematici, segretariato sociale). Le risorse sono aumentate per quasi tutte le aree di utenza, con tassi sopra la media nazionale per l’area disabili (+6,9%) e per il contrasto della povertà e del disagio adulti (+5,1%).