Diocesi: Tivoli-Palestrina, per il ventennale del martirio di padre Nazareno Lanciotti il 28 febbraio messa a Subiaco

Il 22 febbraio di venti anni fa moriva in Brasile, in seguito ad un attentato, il missionario padre Nazareno Lanciotti. Il sacerdote era rimasto gravemente ferito la sera dell’11 febbraio, durante un’irruzione da parte di due criminali, nella sua canonica nella missione di Jauru (Mato Grosso), davanti a nove testimoni. Dopo dieci giorni di sofferenza offerta “per amore del suo popolo, versando il suo sangue sulla amata terra del Mato Grosso” il sacerdote morì, nell’ospedale di San Paolo, perdonando i suoi assassini. Nel 2008 nella diocesi di Sao Luiz si è aperta la causa di beatificazione e canonizzazione, il cui postulatore è don Enzo Gabrieli, direttore di “Parola di vita”, settimanale dell’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, che al missionario dedica un lungo articolo uscito nei giorni scorsi. “Proprio in quelle ore – scrive don Gabrieli – san Giovanni Paolo II creava i nuovi cardinali dell’anno, i primi del Terzo millennio cristiano, fra questi anche Jorge Maria Bergoglio”, oggi Papa Francesco. “Padre Nazareno aveva consacrato la sua vita al Signore ed al popolo brasiliano come missionario e poi si era incardinato nella diocesi di Caceres. Sacerdote italiano si era formato a Subiaco svolgendo i suoi primi anni di parroco in alcune parrocchie romane, poi la svolta verso il Brasile. Nella sua Jauru era arrivato dopo alcune tappe esperienziali, nell’ambito dell’Operazione Mato Grosso, con altri giovani volontari, alcuni dei quali decisero di rimanere con lui nella diocesi di Caceres legandosi a quella Chiesa povera ma bisognosa di Vangelo e di stimoli per la crescita umana, culturale e sociale”. “Padre Nazareno”, come lo chiamavano tutti arrivò a Jauru nel gennaio del 1972; era un villaggio poverissimo e trovò accoglienza nella capanna-chiesa puntellata da ogni lato. La missione di padre Lanciotti si concretizzò negli anni a venire con la costruzione di un ospedale, l’edificazione di circa 40 chiesette e cappelle nella foresta per l’assistenza in piccoli gruppi dei tanti fedeli. Nacque, scrive don Gabrieli, “una comunità orante che aveva al centro la grande chiesa parrocchiale inaugurata nel centro di Jauru nel 1975, ma con tante cellule periferiche dove ogni giorno, anche in assenza del presbitero, si pregava, si faceva adorazione e catechesi. Accanto alla Chiesa nasce anche un ospizio per anziani e una scuola dedicata a San Francesco d’Assisi per 400 bambini”. Jauru, collocata sulla rotta dei narcotrafficanti ai confini con Bolivia, divenne così “una vera e propria frontiera dell’evangelizzazione. Ogni sabato, dopo la messa, – rivela il postulatore – padre Lanciotti si incontrava con i giovani e li metteva in guardia dai pericoli della droga e della prostituzione. Sempre impegnato per il riscatto integrale delle persone, un impegno sociale mai scardinato dai valori del Vangelo”. Impegno che gli costò la vita: l’11 febbraio, giorno della Madonna di Lourdes, due uomini con il volto coperto fecero irruzione nella canonica dove il missionario stava cenando con i suoi collaboratori e alcuni ospiti. Inscenando una rapina finita male, colpirono il sacerdote alla nuca non prima di aver ‘giocato’ alla roulette russa, riservando l’unico bossolo al missionario. “Prima di colpirlo a morte – afferma don Gabrieli – uno dei due gli disse: ‘Sono venuto ad ammazzarti perché ci dai troppo fastidio’. Il sacerdote fu immediatamente soccorso. La polizia locale arrivò sul posto solo il giorno dopo e la sede era a meno di cento metri dalla canonica. Nell’ospedale di San Paolo, padre Lanciotti morì undici giorni dopo; le sue ultime parole furono di perdono per i suoi assassini”. Oggi è sepolto ai piedi del tabernacolo della sua chiesa parrocchiale. Per ricordare la figura di padre Lanciotti, a venti anni dal martirio, domenica 28 febbraio (ore 11.30), nella chiesa di Sant’Andrea, a Subiaco, il vescovo di Tivoli-Palestrina, mons. Mauro Parmeggiani, celebrerà una messa.

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