“Da noi ogni giorno ci sono notizie di uccisioni, oramai a Butembo-Beni c’è sempre una carneficina, si muore come insetti”. A parlare al Sir è padre Robert Kasereka Ngongi, sacerdote diocesano di Butembo, nel Nord Kivu, la regione dove è avvenuto oggi l’agguato al convoglio dell’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo Luca Attanasio, ucciso insieme a Vittorio Iacovacci, il carabiniere che gli faceva da scorta, e all’autista congolese del World food programme (Wfp). La strada su cui viaggiava il convoglio dell’ambasciatore italiano è molto pericolosa. “Di solito su quella strada rapiscono persone importanti e poi chiedono il riscatto – spiega il sacerdote congolese -. Forse hanno visto un bianco e hanno pensato che sarebbe stato un modo per avere dei soldi”. Due suoi confratelli della diocesi di Butembo-Beni – don Charles Kipasa e don Jean Pierre Akilimali, rapiti il 16 luglio 2017 nella parrocchia Maria Regina degli Angeli di Bunyuka – sono stati rapiti il 16 luglio 2017 e da tempo non se ne ha più notizie. Lo stesso padre Robert si è occupato della vicenda: “Inizialmente abbiamo dato dei soldi ma non sappiamo se sono vivi e morti”. Sono decenni che in queste regioni nord-orientali della R.D. Congo ci sono violenze atroci e instabilità, portate avanti da feroci gruppi armati, probabilmente al soldo di potenze straniere che si contendono le ricchezze minerarie della zona. Coltan, oro e diamanti prima di tutto. E le terre fertili dove si coltiva caffè e cacao, le foreste dove vivono i gorilla di montagna, usate per il carbone. “Dalla guerra in Rwanda nel ’94, con i tanti rifugiati arrivati nel nord Kivu la situazione è sempre la stessa: uccisioni, rapimenti, incendi a case e villaggi, violenze alle donne”, dice padre Robert. “Spesso gli assassini mandano in giro le foto delle stragi per far vedere a che livello di crudeltà sono capaci di arrivare – racconta -. Le persone si spaventano e scappano. Altri vengono ad occupare le loro terre e coltivazioni”. Secondo il sacerdote almeno 500.000 abitanti di Butembo e Beni, in maggioranza appartenenti all’etnia Nande, sono fuggiti, rifugiandosi in altre città della R.D.Congo. Al posto della popolazione autoctona ora ci sono molti rwandesi. Si pensa che i gruppi armati siano finanziati dall’estero, perché c’è chi trae grande vantaggio economico dalla situazione. “Usano i gruppi armati per controllare le miniere, fanno lavorare la nostra gente come schiavi, poi tutto va fuori dal Paese – conclude il sacerdote -. La violenza e la criminalità sono considerati degli effetti collaterali”.