“La violenta rivolta nel suddetto penitenziario, che ha causato la morte di sette persone e molti feriti, ci mostra, ancora una volta, le terribili condizioni in cui si trovano le nostre carceri e l’intero sistema carcerario paraguaiano”. Lo afferma la Conferenza episcopale del Paraguay, in una nota del proprio ufficio stampa, in seguito a quanto accaduto martedì nel carcere di Tacumbú, il più grande del Paese, con circa 4.100 detenuti, il doppio della capienza prevista. Centinaia di detenuti hanno preso il controllo di uno dei padiglioni della prigione, dove c’erano otto guardie. Le forze antisommossa hanno ripreso il controllo del carcere, ma la rivolta ha causato almeno sette morti, tre dei quali per decapitazione.
Scrivono i vescovi: “I fatti mostrano che non serve una super-struttura dove confinare le persone che hanno conti pendenti con la giustizia, se nelle carceri continua a regnare un’elevata corruzione e se non viene attuata una profonda riforma carceraria. Ci rammarichiamo per la mancanza di azione e di una gestione efficace e corretta per ridurre la popolazione carceraria in attesa di giudizio per evitare il sovraffollamento, che nuoce ai diritti fondamentali di ogni persona umana. Siamo anche preoccupati per l’estrema violenza con cui agiscono i gruppi criminali che ricattano le autorità nazionali e hanno il controllo sulla popolazione carceraria. Sono sempre più numerosi e violenti”.
Conclude la nota: “Esortiamo il Governo nazionale, la Magistratura e il Parlamento a raddoppiare i loro sforzi e a maturare una visione molto più umana e umanizzante a favore delle persone private della libertà che meritano veramente una seconda possibilità. Cosa che, dopo tutto, è un vantaggio per tutta la popolazione”.