Nel 2019, il rapporto tra numero di pensionati e occupati è di 686 beneficiari ogni 1.000 lavoratori (era 757 nel 2000, primo anno della serie storica analizzata). Se si considerano solo i titolari di prestazioni Ivs (invalidità, vecchiaia e superstiti), il rapporto tra pensionati che hanno versato i contributi e i lavoratori che li versano scende a 602 ogni 1.000 lavoratori. Il rapporto è diminuito di quasi 6 punti percentuali nei sei anni successivi alla riforma del sistema pensionistico del 2012, mentre nei precedenti dodici anni si era ridotto di soli 2 punti. È quanto comunica oggi l’Istat nel report “Condizioni di vita dei pensionati” per gli anni 2018-2019.
Stando ai dati diffusi, il 50,8% della spesa complessiva è erogata a residenti al Nord – principalmente in qualità di beneficiari di pensioni Ivs – il resto nel Mezzogiorno (28%), dove sono più diffuse le prestazioni assistenziali e al Centro (21,2%).
“Le donne – spiega l’Istat – si collocano più frequentemente nel segmento più povero della distribuzione dei redditi pensionistici mentre la presenza degli uomini cresce all’aumentare del reddito. Una pensionata su quattro (24,4%) appartiene al quinto più povero, ma solo il 13,3% si colloca in quello più ricco; per gli uomini, invece, tali quote si attestano, rispettivamente, al 15,2% e al 27,2%. Il quinto di donne con redditi pensionistici più bassi percepisce annualmente fino a 7.200 euro, tra gli uomini tale soglia è quasi 2.400 euro più alta”.
Dal report emergono significative differenze di genere per i redditi da pensione: per le pensioni di vecchiaia le donne percepiscono in media 7.783 euro annui in meno degli uomini (-36,1%) per effetto del divario retributivo. Al contrario, per le pensioni di reversibilità alle donne spetta 1,6 volte l’importo degli uomini, per effetto del divario di genere rispetto alla speranza di vita (assorbono infatti il 91% della spesa per pensioni di reversibilità). Il gap tra uomini e donne si riduce a 6.049 euro se si guarda al reddito annuo complessivo (-27,6%), dato dalla somma tra singole prestazioni pensionistiche.
In controtendenza rispetto all’anno precedente, nel 2019 i pensionati da lavoro che percepiscono anche un reddito da lavoro sono 420mila, in aumento rispetto al 2018 (+3,6%) e in decisa diminuzione rispetto al 2011 (-18,5%). Circa la metà dei pensionati occupati ha al massimo la licenza media (è il 30,4% per il complesso degli occupati), tre su dieci possiedono un diploma mentre il segmento dei laureati rappresenta oltre un quinto del totale.
Infine nel 2018, si stima che quasi in una famiglia su due sia presente almeno un pensionato (oltre 12 milioni di nuclei); in particolare, nel 34% dei casi vi è un titolare di pensione e nel 12,4% due e più. Anche se le famiglie con pensionati presentano un reddito mediano più basso rispetto a quello delle famiglie senza pensionati, il rischio di povertà delle prime (15,9%) è circa 8 punti percentuali inferiore a quello delle seconde. “Ciò – osserva l’Istat – conferma l’importante ruolo di protezione economica che i trasferimenti pensionistici assumono in ambito familiare”.